Cose che si imparano a leggere i russi

giovedì 10 Ottobre 2019

C’era un ragazzo di Bologna che diceva che, secondo lui, molti dicevano che leggevano i russi ma non era mica vero.
Anche suo padre secondo lui era un millantatore di letteratura russa.
Perché suo padre aveva questa venerazione per i russi, che diceva che erano un popolo democratico perché tutti studiavano e avevano poco ma quel poco ce l’avevano tutti.
Infatti, quando c’erano le olimpiadi in televisione, suo padre teneva sempre per i russi e non sopportava gli americani e gli aveva spiegato i problemi del capitalismo a modo suo che alla fine glieli aveva resi antipatici anche a lui gli americani. Gli sembravano tutti dei fighetti con poco voglia di fare della fatica.
Invece i russi avevano queste mascelle e questi sguardi duri, che lui, il ragazzo, non aveva mai visto alle olimpiadi un russo sorridere mentre gli americani delle gran bocche spalancate con questi dentoni bianchi.
Poi con l’adolescenza, che si sa si mettono in discussione i genitori, il ragazzo aveva chiesto un giorno a suo padre:
“Ma dove lei hai imparate te tutte queste cose della Russia che si sta bene eccetera…”
Il padre non aveva detto niente.
“Che sei andato a Belgrado con la CEA, mica in Russia”
La CEA era la Coperativa Edile ed Affini di Spilamberto che in gita aveva portato i muratori a Belgrado quando c’era Tito.
“Ho letto”, aveva detto il padre. “Ho letto i russi ” aveva detto.
“Se vai in camera di tua nonna ci sono un sacco di romanzi che della Russia ti fan capire tutto”.
Ma quei libri lì erano rimasti quando la nonna del ragazzo aveva venduto l’edicola, e si vedeva benissimo che non erano stati mai sfogliati. Ma al padre lui non gli aveva detto niente perché lui, il padre, dopo la Perestrojka e la caduta di Tito, era andato in confusione. Tutti questi stati, che non c’era più l’URSS, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, che gli piaceva così tanto dirlo tutto d’un fiato, Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, e non c’era più neanche Tito e la Jugoslavia. Non gli aveva detto niente. Era già così dispiaciuto.

[Dalla redazione di Bologna del Repertorio dei matti della letteratura russa, questi due matti sono di Marco Vignudelli]