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sabato 24 Agosto 2013

Maj Sjöwall Per Wahlöö, L'uomo al balcone

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gunvald Larsson era in piedi alla finestra e studiava sei operai comunali, che a loro volta ne studiavano un settimo, il quale stava appoggiato a un badile.
– Mi fa venire in mente una storiella – disse. – Una volta che eravamo a Kalmar, su un dragamine. Io ero in cabina di comando insieme al secondo, e il ragazzo di guardia entra e dice: Tenente, sulla banchina c’è un morto in piedi. Chiacchiere, dico io. Sì, tenente. C’è un morto in piedi sulla banchina. Non esistono morti che stiano in piedi sulle banchine, dico io, andiamo, Johansson. Sì, tenente, insiste lui, è un uomo morto, l’ho tenuto sempre d’occhio e non s’è mosso per diverse ore. E il secondo si alza, spia fuori dall’oblò e dice: Ah, è un operaio del comune.
L’uomo in strada lasciò cadere il badile e si unì agli altri. Erano le cinque ed era sempre venerdì.
– Che lavoro – disse Gunvald Larsson. – Starsene lì in piedi a guardare il nulla.
– Tu cosa stai facendo? – disse Melander.
– Sono in piedi a guardare il nulla, naturalmente. E se il commissario capo avesse l’ufficio dall’altra parte della strada, sono sicuro che starebbe alla finestra a guardarmi, e se il capo della polizia avesse l’ufficio qui al piano superiore, starebbe alla finestra a guardare il commissario capo, e se il ministro degli interni…

[Maj Sjöwall Per Wahlöö, L’uomo al balcone, traduzione di Renato Zatti, Palermo, Sellerio 2010 (9), pp. 177-178]