Cosa pensa le gente quando si dicon le cose

domenica 24 Aprile 2011

Premesso che quello che penso io è che secondo me noi siamo liberi di fare quel che vogliamo, se ci riusciamo, mi viene in mente che un anno fa, a Bergamo, ero appena arrivato in città, mi ero molto meravigliato che i balconi delle case di Bergamo fossero pieni di bandiere tricolori. Quando avevo incontrato il ragazzo che era venuto a prendermi in stazione gli avevo chiesto: “Ma c’è una ribellione contro la lega?”. “No, – mi aveva detto lui, – c’è il raduno degli alpini”.
Ecco, non so come siano oggi le altre città e gli altri paesi italiani, ma a Bologna, o, per essere precisi, a Casalecchio di Reno, oggi, che è il 16 aprile 2011, ed è passato un mese dalle celebrazioni dei centocinquant’anni dell’Unità d’Italia, molti balconi sono ancora addobbati di bandiere tricolori, non tante quante a Bergamo per il raduno degli alpini, ma fanno comunque un’impressione strana.
Un mese fa, appunto, poco prima di salire sul palco del teatro di Carpi, con un’enorme bandiera tricolore proiettata sull sfondo, e una banda di quaranta elementi che eran già lì schierati e avevano ciascuno una coccarda tricolore, mi sono chiesto se mettermi anch’io la coccarda tricolore che mi avevano dato, coccarda che adesso è in camera mia e che ho inutilmente cercato di regalare a mia figlia, che quando gliel’ho data mi ha chiesto cos’era, e io le ho detto che era una coccarda, e lei mi ha chiesto a cosa serviva, e io le ho detto che si metteva all’occhiello, e lei se l’è messa sull’occhio sinistro e l’ha tenuta lì un po’ e poi mi ha detto «Non mi piace».
Mi sono chiesto, dicevo, se mettermela all’occhiello oppure no e io sarei stato per il no, ma poi ho avuto come il pensiero che qualcuno pensasse che volevo per forza fare l’originale e me la son messa, anche se, come mi ha fatto notare il maestro della banda, l’ho messa a destra, e non a sinistra, sul cuore, e questa è una cosa che mi ha confortato perché in qualcosa, almeno, ero stato originale, a me delle volte basta veramente pochissimo, per confortarmi.
La cosa che non mi tornava, e che non mi torna, in questo, non so come chiamarlo, mi vien da dire tripudio ma forse non è la parola adatta, in questa, come si può dire, ostensione? Forse no, ostensione è una parola che io l’ho sentita usare solo per la Sacra Sindone, in questa esposizione, ecco, anzi, ostentazione, forse ostentazione è la parola giusta, la cosa che non mi torna, dicevo, in questa ostentazione di tricolori, è che quelli che hanno ostentato il tricolore, in questi giorni, secondo me non sono persone che hanno particolarmente radicato, in sé, uno spirito patriottico, l’ho ostentato anch’io che, se dovessi dire la canzone patriottica che mi piace di più direi Nostra patria è il mondo intero, nostra legge la libertà ed un pensiero ribelle in cor mi sta.
Il motivo di questa ostentazione è chiaro a tutti, è una reazione alle idee indipendentiste e al rifiuto di festeggiare l’unità d’Italia da parte di quella forza politica là che io pensavo avesse fatto qualcosa di orribile a Bergamo tanto da suscitare una ribellione nella maggior parte della popolazione.
Cioè in pratica oggi, se uno come me, mediamente istruito e scarsamente avvertito delle cose del mondo, vede una bandiera tricolore, non pensa a un sentimento patriottico, pensa a una reazione contro la Lega, così come se vede una manifestazione a favore della dignità delle donne non pensa a una crescita di un sentimento filogino (non riesco tanto a usare la parola femminista, e in questo contesto non andrebbe probabilmente neanche bene) ma a una reazione contro un signore che si è scoperto che frequenta delle ragazze poco vestite nel dopocena.
Ho parlato di questa cosa a un mio amico che mi ha consigliato di leggere il libro del linguista americano George Lakoff Non pensare all’elefante (traduzione di Bruna Tortorella, Fusi orari 2006, 185 pagine 12 euro), e io l’ho preso e l’ho letto, e mi è sembrato che non parlasse della cosa della quale io avevo parlato a quel mio amico, ma di una cosa forse simile, del frame, che in italiano significa cornice, quadro, struttura.
«Quando insegno cos’è un frame – scrive Lakoff, – e come lo si crea, nell’ambito del corso del primo anno di Scienze cognitive all’università di Bekeley, il primo giorno assegno ai miei studenti un esercizio. L’esercizio consiste in questo: non pensate a un elefante. Non sono mai riuscito a trovare uno studente che ci riuscisse. Ogni parola, come per esempio “elefante”, evoca un frame, un quadro di riferimento, che può essere sostituito da una serie di immagini o di conoscenze di altro tipo. Gli elefanti sono grandi, hanno le orecchie pendule e la proboscide, fanno venire in mente il circo, e così via. Ogni parola si definisce in relazione a un frame. E anche quando neghiamo un certo concetto non possiamo evitare di evocarlo.
 Richard Nixon lo scoprì a proprie spese. Durante lo scandalo Watergate, quando c’erano forti pressioni perché si dimettesse, Nixon parlò al paese in televisione. Si presentò davanti alla nazione e disse: “Non sono un imbroglione”. E tutti pensarono che era un imbroglione».
Lakoff dice che la destra americana, in questi ultimi anni, ha lavorato benissimo sui frame, e che, nei dibattiti politici in America è riuscita a creare dei frame che la sinistra ha accettato, e quando accetti un frame, secondo Lakoff, hai già perso. L’esempio che fa Lakoff è l’espressione “Sgravi fiscali”, che presuppone che le tasse siano un grave, una specie di inutile zaino che portiamo tutti sulle spalle e se riuscissimo a liberarcene sarebbe un sollievo. Un politico di sinistra (uso queste categorie molto imprecise ma le uso apposta perché quando leggo “democratico” o “repubblicano” non so mai sicuro di chi si sta parlando, questo per dire che scrivo di cose che conosco benissimo), un politico di sinistra, dicevo, che, in un dibattito, contrasti la politica fiscale della destra usando anche lui questa espressione sgravi fiscali e, di fatto, accettandola, secondo Lakoff questo politico di sinitra può parlare anche un’ora non convince nessuno, e il suo messaggio resta sempre più debole del messaggio imposto dal suo antagonista con queste due sole parole: sgravi fiscali.
Poi, per finire questo brevissimo e lacunoso riassunto del libro di Lakoff, Lakoff dice che molti politici ed elettori di sinistra pensano che i politici e gli elettori di destra siano stupidi, e che questo, invece, non è vero.
Ecco.
Adesso, io non so niente nemmeno della politica italiana, ma l’impressione che ho è che la situazione americana descritta da Lakoff nel 2006, sia parente della situazione che c’è, oggi, in Italia, ammesso che oggi in Italia ci sia una situazione.
Ecco.
Se devo poi proprio dirla tutta, alla fine mi è venuto da pensare che quell’altro signore, quando è saltato fuori che era stato accusato di essere un cliente di una prostituta minorenne, e quando è saltato anche fuori che lui passava le serate in un modo stranissimo e originale, diciamo, accompagnandosi con molte giovani donne vestite da infermiere e da poliziotte e così via, in quell’occasione lui è stato zitto per qualche giorno.
Dopo, tutti aspettavano di sentire cosa avrebbe detto, e uno poteva immaginare che avrebbe detto “Non sono un maniaco sessuale” (e tutti avrebbero pensato che era un maniaco sessuale), oppure “Non sono un depravato” (e tutti avrebbero pensato che era un depravato), oppure, non so, “Non sono un porco” (e tutti avrebbero pensato che era un porco) e così via.
Invece lui ha detto: “Non sono un santo”.

[Uscito il 22 aprile su Gli altri]