Con quello che beviamo
Questa settimana ho pagato le tasse, e ogni volta che pago le tasse mi viene in mente un pezzo di Giorgio Manganelli che dice che lui, quando pagava le tasse, avvertiva «un oscuro, profondo, incomprensibile piacere». Dipendeva forse dal fatto, secondo Manganelli, che lui, come tutti gli italiani, era un cittadino scadente. «Se l’inglese è impeccabile, – scriveva Manganelli, – se l’americano è espansivo e il tedesco efficiente, l’italiano è colpevole. L’italiano – scriveva – non si stupisce se qualcuno viene arrestato, mai. Lo trova naturale. Solo silenziosamente si stupisce di non essere lui, l’arrestato. Qualcuno recentemente ha scritto che gli italiani dovrebbero fare tutti qualche mese di carcere. Suppongo – scriveva – che il proponente si considerasse estremamente paradossale. In realtà, interpretava l’inconscio collettivo italiano. Gli italiani, man mano che invecchiano, sempre più si rallegrano e stupiscono di non essere mai stati arrestati. Per l’italiano, il fatto di non essere in galera è semplicemente un segno che da noi lo Stato non funziona. E come potrebbe funzionare, avendo dei cittadini come lui? L’italiano libero è semplicemente un italiano che l’ha fatta franca», scriveva Manganelli. Per questo, quando pagava le tasse, siccome come tutti gli italiani si sentiva «a piede libero, dunque in una condizione precaria e fragile», ricattabile, dal momento che non amava lo Stato, e lo Stato non lo ama, gli sembrava naturale che gli venisse chiesto un riscatto, come fanno i sequestratori.
«Forse – scrive Manganelli – questo è il segreto del piacere che mi dà pagare le tasse. Io pago, e lo Stato non mi getta in prigione. Vengo restituito a me stesso. Quando esco dalla banca, corro a prendere l’autobus con passo leggero. Sono un evaso con i documenti in regola. È meraviglioso». Ecco, a me, devo dire, non succede così. Io, purtroppo, non sono Manganelli, e anche le tasse, mi sembra, non son più le tasse di una volta. Perché anch’io, ci mancherebbe, sono un cittadino scadente, molto più scadente di Manganelli, e anch’io, ci mancherebbe, sono contento che non mi mettano in prigione, però io, diversamene da Manganelli, la maggior parte delle tasse che devo pagare io, il settanta per cento, diciamo, sono per l’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, cioè per la pensione, ma non per una pensione normale, per una pensione che io non prenderò mai. Quindi la cosa che un po’ mi disturba, nel pagare le tasse, è che son tasse che io pago così, per niente, e non è neanche una novità, io ci penso da quando facevo l’università che avevo venticinque anni che a un mio amico che faceva l’università con me che si chiama Marco che gli dicevo che noi, era un po’ un peccato, non avremmo mai avuto una pensione, e lui mi ricordo mi aveva detto «Ma non preoccuparti, Paolo, noi con quello che beviamo non ci arriviamo, all’età della pensione». Ecco io purtroppo dopo ho smesso di bere, e allora forse qualche anno in età pensionabile arriverò a farlo nel qual caso non so, come farò. Ci penseremo.
[uscito venerdì su Libero]