Comunque

giovedì 11 Settembre 2014

Samuel Vikotorovič Kissin, la persona di cui mi accingo a parlare, non ha in sostanza fatto nulla nel campo della letteratura. Ma vale comunque la pena parlarne, e bisogna farlo, perché, pur essendo un personaggio «a sé», con tutta la sua indole egli esprimeva qualcosa di estremamente caratteristico per l’epoca in cui si svolse la sua breve vita. Lo conosceva tutta la Mosca letteraria tra la fine del Novecento e l’inizio degli anni Dieci. Pur non avendo un ruolo eminente nella vita letteraria, fu tra coloro che crearono lo «sfondo» degli eventi di quei tempi. Tuttavia, per i tratti della sua personalità non fu un «uomo della folla», assolutamente. Era troppo originale e complesso per essere un «tipo». Era piuttosto un «sintomo».
Ci conoscemmo verso la fine del 1905. Samuil Viktorovič viveva allora a Mosca da «povero studente», con i venticinque rubli al mese che gli mandavano da Rybisnk i parenti. Scriveva poesie che pubblicava su una rivistina, «Zori», sotto lo pseudonimo di Muni. Con questo nome Mosca lo conobbe fino alla sua morte (anche se verso la fine cominciò a firmarsi «S. Kissin»). Così lo chiamerò anch’io.
Al principio non ci piacemmo decisamente, ma nell’autunno del 1906 «ci scoprimmo» di colpo e ben presto diventammo amici. I successivi nove anni, fino alla morte di Muni, furono segnati da un’amicizia così leale e da un affetto così saldo da sembrarmi, oggi, miracolosi.
La storia esteriore della vita di Muni è assai semplice. Nacque nell’ottobre del 1885 a Rybinsk, da una famiglia ebrea di modeste condizioni. A Rybinsk frequentò il liceo, poi si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Mosca. Nell’estate del 1909 sposò Lidija Jakovlevna Brjusova, sorella del poeta. Fin dai primi giorni di guerra fu mobilitato, venne arruolato come funzionario semplice, e morì a Minsk il 18 marzo 1916. Le tracce che ha lasciato nella vita, come anche nella letteratura, non sono profonde. Ma poco prima di morire, con quell’ironia che raramente lo abbandonava, mi disse: «Ricordalo: comunque sono esistito».

[Vladislav F. Chodasevič, Necropoli, a cura di Nilo Pucci, Adelphi, Milano 1985, pp. 81-82]