Come ieri

mercoledì 5 Gennaio 2011

Alle nove del mattino, il primo gennaio, ti viene da guardar fuori dalla finestra e ti dici: “È tutto uguale”. Gli stessi alberi, la stessa siepe, gli stessi fili del filobus, lo stesso piccolo argine; lo stesso davanzale, la stessa finestra. Ti viene un dubbio, ti alzi, apri la finestra: la stessa strada, gli stessi semafori, la stessa curva. Lo stesso freddo. Qualche carta, per terra. Neanche un coccio di bottiglia. Uguale. Chiudi, fai per sederti e starnutisci. Ti rimetti a sedere sulla stessa sedia, con davanti, appoggiato sullo stesso tavolo, lo stesso computer, e ti metti a scrivere le stesse cose, che alle nove del mattino, il primo gennaio, ti viene da guardar fuori dalla finestra e ti dici: “È tutto uguale”. Gli stessi alberi, la stessa siepe, gli stessi fili del filobus, lo stesso piccolo argine eccetera eccetera; e pensi che è strano, perché il giorno prima, il 31 dicembre, sembrava tutto così diverso.
Fin dal mattino, quando eri andato al supermercato e dall’entrata avevi guardato le casse e c’eran delle file lunghissime, fin dal mattino, e non si trovava un carrello, né un cestello, e avevi tenuto tutto in mano, e c’era pieno di vecchi che spingevano per superarti, come un gran premio, il gran premio di Roma, adesso eri a Bologna ma eri stato a Roma, due giorni prima, e si parlava del Gran Premio di Roma, un gran premio che solo due giorni prima ti era sembrato tutto diverso e che adesso, stamattina, ti sembra tutto uguale, come gli altri, con la loro funzione ipnotica, che fan dormire, come gli altri; e dopo eri andato per pesare l’insalata e avevi davanti una commessa, con un grembiule blu a righe bianche, piccola e grassa, col trucco pesante, e le occhiaia, e prezzava dei carciofi, e andava avanti molto, ti sembrava, e quando ti sembrava che avesse finito e le chiedevi «Posso?», lei ti diceva «Sì» con una malagrazia che sembrava che la bilancia fosse sua, e ti veniva da piantar lì l’insalata e da cambiar supermercato, e far di nuovo un’altra fila, uguale, ma non l’avevi fatto perché ieri non era uguale, ieri era diverso, e eri rimasto lì tra i vecchi, e i loro sguardi sospettosi, e le commesse, e i loro gesti veloci, e quattro ragazzi che avevano un carrello con dentro dodici bottiglie di superalcolici e lo tenevan di traverso, in mezzo alla corsia, e ti intralciavano, e ti era venuto da pensare a una cosa che avevi letto che diceva che se tu avessi imparato a fare attenzione, avresti la avuto la facoltà «di affrontare una situazione caotica, chiassosa, lenta, iperconsumistica, trovandola non solo significativa, ma sacra, incendiata della stessa forza che ha acceso le stelle», e avevi pensato che quei ragazzi non erano lì per intralciarti, non eran di traverso nella corsia perché erano cattivi, era perché non erano capaci, non eran lì per intralciare te, eran lì perché ieri era tutto diverso, e loro potevano comprare dodici bottiglie di superalcolici senza che la gente li guardasse male, senza che pensasse che erano degli alcolizzati, potevano anche chiedere a un commesso dov’era l’anisetta, e tu, con le tua spesa in mano, potevi pensare “Cazzo, questi si bevono anche l’anisetta”, che è una cosa che non avevi mai pensato, un pensiero nuovo, perché ieri era una giornata di pensieri nuovi, non come oggi, che ti vengon dei pensieri del tipo: “Dove sono le mie sigarette?”, che è un pensiero che nella tua vita ce l’avrai avuto ventottomila e novecento volte, grossomodo, e dopo le trovi, e ti accendi la tua sigaretta e dopo pensi che alla fine anche oggi bisogna fare come ieri, uguale, bisogna mettersi a cercare il fuoco che ha acceso le stelle e chissà dove si è andato a cacciare, stanotte, in questo appartamento.

[Uscito il 2 gennaio su Libero]