Come è fatto il Cappotto

mercoledì 14 Ottobre 2009

ejchenbaum

Sotto questo rapporto è interessante ancora un passo del Cappotto dove si fa la descrizione dell’aspetto esteriore di Akakij Akakievič: «Dunque in un “dipartimento” prestava servizio un certo impiegato: non si può dire che fosse un impiegato molto ragguardevole: di statura era piccolino, era un po’ butterato, un po’ rossiccio, persino (a vederlo) un po’ miope, con una piccola calvizie sulla fronte, con rughe sulle due guance, e con quel colore del volto che si chiama emorroidale” /…/.
È interessante che, nella redazione di minuta, questa frase era molto più semplice: «Dunque, in questo dipartimento prestava servizio un impiegato, si direbbe non molto attraente, di piccola statura, pelato, un po’ butterato, un tantino rosso, persino un po’ miope». Nella redazione definitiva questa frase non è tanto la descrizione dell’aspetto esteriore, quanto la sua riproduzione mimica, e pronunciata: le parole sono state scelte e collocate in un certo ordine non in base al principio di una significazione di tratti caratteristici, ma in base al principio d’una semantica fonica. La visione interna rimane intatta (non c’è nulla di più difficile, penso, che dipingere gli eroi gogoliani) – di ogni frase, nella memoria, rimane più di tutto l’impressione d’un certo ordine fonico, che si conclude con quel «emorroidale» rimbombante e quasi, dal punto di vista logico, insensato, ma per questo insolitamente forte, per la sua espressività. Qui si può pienamente applicare l’osservazione di D. A. Obolenskij, che Gogol’ talora ha «usato una parola sonora unicamente per l’effetto armonico». Ogni frase ha aspetto di un intero compiuto, di un certo sistema di gesti fonici, per la realizzazione del quale sono state scelte le parole.

[Boris Michajlovič Ejchenbaum, Come è fatto il Cappotto di Gogol’, in Nikolaj Gogol, Il cappotto, trad. di Eridano Bazzarelli, Milano, Rizzoli1987, pp. 69-70]