Colombo e suo fratello

martedì 20 Agosto 2013

Tzvetan Todorov, La conquista dell'America

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Egli ritorna più volte sull’idea che la conversione è lo scopo principale della sua spedizione, e spera che i sovrani spagnoli accetteranno gli indiani come loro autentici sudditi. «E dico che le Vostre Altezze non dovranno permettere che nessun straniero, tranne i cristiani cattolici, traffichi o vi metta piede, perché questo fu il movente e lo scopo dell’impresa: che venisse fatta per l’incremento e la gloria della religione cristiana e che nessuno potesse venire in questa regione che non fosse un buon cristiano» (27 novembre 1492). Con un simile comportamento si rispetterebbe la stessa volontà individuale degli indiani (che da Colombo vengono posti, sin dall’inizio, sullo stesso piano degli altri cristiani). «Siccome considerava già quella gente come suddita dei sovrani di Castiglia e non c’era ragione di offenderla, decise di lasciarlo andare [un vecchio indiano]» (14 dicembre 1492).
Questa visione è facilitata dalla tendenza di Colombo a vedere le cose come gli conviene vederle. In questo caso, in particolare, gli indiani gli sembrano già portatori delle qualità cristiane, già animati dal desiderio di convertirsi. Si è già visto che, per lui, essi non appartenevano ad alcuna «setta», erano vergini di ogni religione. Ma vi è di più: in realtà, essi già posseggono una predisposizione al cristianesimo. Come per caso, le virtù che egli si immagina di vedere in loro sono virtù cristiane: «Questi popoli non hanno religione e non sono idolatri, ma sono molto mansueti e non sanno cosa sia la malvagità o l’assassinio o il furto, (…) e sono svelti a imparare ogni preghiera che noi recitiamo loro e si fanno il segno della croce. Perciò le Vostre Altezze dovrebbero risolversi a farli cristiani» (12 novembre 1492). «Amano il loro prossimo come se stessi», scrive Colombo la notte di Natale (25 dicembre 1492). Questa immagine, beninteso, può essere ottenuta solo a prezzo della soppressione di tutte quelle caratteristiche degli indiani che apertamente la contraddicono: soppressione nel discorso che li concerne, ma anche – se necessario – nella realtà. Nel corso della seconda spedizione, i religiosi che accompagnano Colombo cominciano a convertire gli indiani; ma ce ne vuole perché tutti accondiscendano e si mettano a venerare le sacre immagini. «Dopo aver lasciato la cappella, quegli uomini rovesciarono le immagini, le ricoprirono con un mucchio di terra e ci pisciarono sopra»; visto ciò, Bartolomeo – fratello di Colombo – decise di punirli in modo veramente cristiano. «Questi, come luogotenente del vicerè e governatore delle isole, formò processo contro i malfattori, e, saputa la verità, li fece abbruciar pubblicamente» (Ramon Pane, in F. Colombo, 61, 26).

[Tzvetan Todorov, La conquista dell’America, traduzione di Aldo Serafini, Torino, Einaudi 1992, p. ]