Ciao Vasco

mercoledì 20 Gennaio 2010

[Stasera, 20 gennaio, alla modo infoshop, c’è una lettura in occasione dell’uscita del quaderno della Scuola elementare di scrittura emiliana (vedi colonna qui di fianco, pubblici discorsi-vecchi discorsi). Metto qua sotto uno dei compiti che sono stati dati alla scuola e la soluzione di Stefano Pederzini]

Compito dell’elogio funebre: scrivete un elogio funebre di una persona magari anche viva.

Elogio funebre di Vasco Rossi (1952-1985)
Ebbene, per noi, oggi, tutto l’infinito finisce qui. Oggi sappiamo che una vita spericolata come quella di Steve McQueen può anche interrompersi, a poco più di trent’anni, contro un palo della luce sulla Fondovalle Panaro, nei pressi di Ponte Samone. Ora quei tali che scrivono sul giornale stanno già ricominciando a parlare di coca, quella stessa che li aveva fatti sbavare come squali in presenza di sangue nei giorni del tuo arresto. Noi crediamo più vicine alla verità, ancorché scombiccherate, le voci di chi giura di averti visto, poco prima di metterti alla guida, ingurgitare per scommessa trenta borlenghi aiutandoti con due fiaschi di lambrusco. Lungi dall’essere una consolazione, reintegrerebbero però il tuo ruolo di scopritore del passaggio segreto tra via Emilia e Far West, tra filuzzi e rock’n’roll, ferma restando la consapevolezza che comunque noi non siamo mica gli americani. Senza voler dimenticare quello di probabile ultimo baluardo dell’ironia nella canzone d’autore italiana, ruolo che evidentemente porta sfortuna, considerando che l’avevi rilevato da Rino Gaetano.
Certo: in molti dicevano che il carcere ti aveva cambiato. E il nuovo disco lo testimoniava: la voce rotta di “Una nuova canzone per lei” non è certo la stessa che cantava “Voglio andare al mare” o “Colpa d’Alfredo”. Ma la maturazione è nelle cose: uno non può barcollare sul palco all’infinito, come nella memorabile serata di Sanremo, senza diventare la caricatura di se stesso.
Ma ora? Ora rimarremo in balia delle lagnanze senili dei Dalla De Gregori Guccini Vecchioni, dello sdolcinato Venditti e dell’amaro Ramazzotti. Certo, non è a te che possiamo farne una colpa. A te dovremo dire grazie, invece, se qualcuno troverà il coraggio di intrufolarsi in quel passaggio segreto uscendone con nuove canzoni che sprigionino anche solo un decimo di quella desolata rabbia e quella beffarda allegria che ci hanno fatto amare le tue.
Addio, Vasco. Non diventerai uno dei nostri santi od eroi, perché sei il primo a sapere che non ne abbiamo. Ma oggi ci sentiamo, se non il cuore spezzato, perlomeno il
fegato
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spappolato.
(Stefano Pederzini)