Chissà
A cosa servono i russi
Tutte le volte che vado in Russia, una delle prime cose che faccio è guardare il cielo e mi vien sempre in mente una breve poesia di Velimir Chlebnikov che dice: «Poco, mi serve / Una crosta di pane / Un ditale di latte / E questo cielo / E queste nuvole». E quando penso alle due donne della mia vita, mia figlia e sua mamma, mi vien sempre in mente un’altra poesia di Chlebnikov che inizia dicendo «Le ragazze / Quelle che camminano / Con stivali di occhi neri / Sui fiori del mio cuore». E quando sto male, ma male, mi viene in mente quel verso di Pastenàk che dice che : «Vivere una vita non è attraversare un campo».
E quando penso che probabilmente la cosa che sto facendo è destinata al fallimento, mi viene in mente Iosif Brodskij quando dice che, se saremo sconfitti, dobbiamo perlomeno provare a interpretare la parte dell’uomo libero. E «Quando è sconfitto», dice Brodskij, «un uomo libero, non dà la colpa a nessuno».
[È possibile che A cosa servono i russi, che è stato, fino a oggi, un monologo, diventi, tra qualche mese, un podcast]