Bulgakov

mercoledì 6 Luglio 2011

Aleksej Turbin, protagonista del mio dramma I giorni dei Turbin, è stato definito sulla stampa un “figlio di cane”, mentre l’autore è stato presentato come un “vecchio cane rimbecillito dall’età”. Hanno scritto di me come di uno Spazzino della letteratura, che raccatta gli avanzi “vomitati da una dozzina di commensali.
Hanno scritto: “Michelaccio Bulgakov, mio compare e, scusate la parola, scrittore, fruga nella vecchia immondizia… Che razza di muso hai fratellino… Io sono una persona gentile, ma bisognerebbe romperti un vaso in testa… Avevamo bisogno dei Turbin come un cane ha bisogno del reggiseno… E invece Turbin è salato fuori, quel figlio di cane, che non abbia né successo né incassi…”.
Hanno affermato che mi piace “L’atmosfera da accoppiamenti canini che aleggia intorno alla rossa moglie di un amico”, e che il mio dramma I giorni dei Turbin “Puzza”, e così via.
Mi affretto a precisare che non sto riportando questi giudizi per lamentarmi delle critiche o comunque per entrare in polemica. Il mio scopo è molto più serio.

[Michail Bulgakov, Lettere a Stalin, Enukidze e Gor’ki, traduzione e cura di Mario Alessandro Curletto, Genova, il melangolo 1990, pp. 34-35]