Avevo anche uno stereo
Il mio meccanico, mi ricordo, che aveva messo a punto la macchina prima del viaggio, quando me l’aveva consegnata mi aveva dato anche un cacciavite a stella e mi aveva detto Se la macchina a un certo punto si ferma, tu parcheggi da un lato della strada, scendi, prendi questo cacciavite, sviti le targhe, sia quella davanti che quella di dietro, e la macchina la lasci lì. L’importante è che porti indietro le targhe.
Il giorno prima di partire, mia nonna mi aveva preso da parte, mi ha dato cinquantamila lire e mi aveva detto Tieni, per comprare qualche birretta lungo la strada.
A Mantova, mi ero già perso. C’eran degli svincoli, delle deviazioni, di quei cartelli gialli che dicono Deviazione, e io avevo seguito quelli e non sapevo più dove andare. Dopo poi mi ero orientato. Avevo dormito la prima volta poco prima di Vienna.
Dormivo in macchina, e avevo una sveglia, con me, ma la tenevo girata, e quando mi svegliavo, se era notte, non sapevo mai quanto sarebbe durata la notte, poteva durare un’ora come otto ore.
Adesso non lo so com’è, ma a Bratislava, nel 95, cambiava lo spazio, le facce degli uomini, la strada, i bambini spettinati andavano a scuola e indicavan la macchina e facevan la lingua.
Avevo anche uno stereo, sulla macchina, e avevo preso su tre cassette, e non avevo fatto altro che ascoltarle una dopo l’altra, durante tutto il viaggio di andata e poi anche, due mesi dopo, durante tutto il viaggio di ritorno.
Una era una cassetta che mi aveva dato mio babbo, che erano le canzoni del liscio che ascoltava lui quando era piccolo, ma non il liscio quello là, romangnolo, con la fisarmonica e i violini, no, era il liscio emiliano, dei pezzi fatti tutti coi fiati, e tra gli altri pezzi c’era un pezzo che a me, ancora oggi, sentirlo, mi sembra di essere sui monti dell’Ucraina, anche se è un pezzo che l’ha scritto un signore nato a Barco, in provincia di Reggio Emilia e si intitola Battagliero.
[La meravigilosa utilità del filo a piombo, esce il 24 marzo]