Iper
Scaffalature dove sono impilate lunghe file di prodotti. Semibuio. La luce a spot di una torcia illumina qua e là i prodotti. La luce sembra tornare alla fonte per poi illuminare distante, varie volte. Voce fuori scena.
Lo sa che lo devo leggere io, ciò! E niente! Scrivi in stampatello, no?! Mi sembra… filal… filalbero? Cosa vuol dire filalbero? Fil… Filallegro, forse? Sarà un formaggio! un formaggio che fila… allegro, e ti mette l’allegria anche a te. Però va a trovarlo, non è facile, dopo mi innervosisco e comincio a moccolare, altro che allegria! Devo guardare dove ci sono i cartellini delle offerte… prezzo vero. Prezzo vero… prezzo vero… che vuol dire che invece gli altri, di prezzi, non son mica veri, ci danno una gonfiatina, mi sa, poi li sgonfiano e ci mettono il cartellino prezzo vero. Ma io me ne sbatto… basterebbe capire cosa devo prendere. Vado avanti… avanti il prossimo prodotto. Qui ha scritto un papiro: Dundenia lungo notte sottile ripiegato flusso leggero, scatola viola… poi? Questo non lo troverò mai! Come andare di notte? Poi sono laggiù in fondo queste cose.. che se dovessi prenderle di giorno, dai… è imbarazzante, anche chiedere… alle commesse… flusso leggero… vado a vedere, và…
[Francesco Gabellini, Iper, in Zimmer frei. Cinque monologhi per il teatro, Cesena, Il vicolo 2016, pp. 95-96]