I suoi soldi
Qui, vai a sapere perché, all’improvviso mi viene in mente un ricordo. Bernard e io siamo in auto, nella Due Cavalli di famiglia, nella via del paese. Guida lui. Abbiamo rispettivamente venti e quindici anni. Una Mercedes con targa straniera, ferma senza nessuno al volante, ci blocca la strada. Parcheggiata lì, bel bella, in mezzo alla strada. Entro dal panettiere lì vicino per chiedere ad Albertine, la panettiera, se per caso sa chi sia il proprietario. Un bestione in costume da bagno si palesa come il contravventore da noi cercato. È l’inizio dell’estate e costui è una massa di carne rosa e fumante, la nuca e le spalle sono rosse come un peperone. Fuori, intanto, si è formata una fila di auto. Parte il concerto dei clacson. Segnalo al colosso l’esistenza di un parcheggio a venti metri da lì. Inaspettatamente, lui va su tutte le furie e con l’irruenza di un vulcano grida che noialtri francesi non abbiamo alcun senso dell’ospitalità, siamo di un’antipatia che non si può neanche immaginare, ma sempre ben contenti di intascarci i suoi soldi quando viene a passare le vacanze da noi!
Silenzio atterrito dei clienti, che se ne stanno tutti sulle spine. L’orco nudo occupa da solo la metà del negozio.
“O mi sbaglio? Eh? Non è così? Esagero?”
E a quel punto si sente la voce di mio fratello, un po’ annoiata, nel tintinnio della tenda di perline dove ha infilato il viso magro.
“Ha ragione, siamo tremendamente interessati ai suoi soldi. Quindi, sia gentile, l’anno prossimo rimanga a casa sua e ci spedisca un assegno”.
[Daniel Pennac, Mio fratello, traduzione di Yasmina Melouah, Milano, Feltrinelli 2018, pp. 37-38]