Ma sai cosa fa?
Quand’ero piccolo, a Parma, la domenica mia mamma metteva su un disco con della gente che non cantavano mica, solo ogni tanto dicevano: «Oè». Era una musica che mi vergognavo, di quella musica lì, era così domestica, così famigliare, e mi ricordo che dopo, il primo anno di superiori, il mio compagno di banco mi aveva detto che un suo amico d’infanzia non si poteva più frequentare. «Come mai?» gli avevo chiesto io. «Ma sai cosa fa?», mi aveva detto lui «Cosa fa?» «Va a ballare il liscio» «No!», gli avevo detto io. Mi sembrava una cosa così: imperdonabile. Dopo, all’università, c’era un professore che si lamentava che sua moglie aveva cominciato anche lei a andare a ballare il liscio e che una volta alla settimana la venivano a prendere con delle macchine che profumavano di dopobarba e la portavano chissà dove, in Romagna, probabilmente. Dopo, finita l’università, ho fatto un viaggio in macchina fino a Pietroburgo e son partito da solo con la mia due cavalli che il mio meccanico prima di partire mi ha dato un cacciavite a stella e mi ha detto «Se la macchina si ferma tu scendi, prendi questo cacciavite e sviti le targhe. La macchina la puoi anche lasciare lì, l’importante è che porti a casa le targhe». Avevo anche uno stereo, sulla macchina, e avevo preso su tre cassette, e non avevo fatto altro che ascoltarle una dopo l’altra, e una era una cassetta con le canzoni del liscio che ascoltava mio babbo quando era piccolo, non il liscio romagnolo, con la fisarmonica, il liscio emiliano, dei pezzi fatti tutti con i fiati, e tra gli altri pezzi c’era un pezzo che a me, ancora oggi, sentirlo, mi commuove, e l’ha scritto un signore nato a Barco, in provincia di Reggio Emilia, e si intitola Battagliero. Quella musica lì, io, anni dopo, ho conosciuto un musicista che ha messo su una banda che suonano quella musica lì, la banda si chiama L’usignolo, lui si chiama Mirco Ghirardini e m’ha detto che probabilmente il liscio, le sue origini, non sono, come si pensa, romagnole, ma emiliane, che forse il liscio è nato proprio dai cosiddetti concerti a fiato, e che il primo concerto a fiato sembra fosse nato proprio in provincia di Parma, ed era quello di Cantoni, il concerto Cantoni, che erano quindici fratelli e sorelle. E mi ha detto che quando le orchestre a fiato hanno finito la loro voga, in Emilia, si son trasformate in orchestre che suonavano ai funerali, e che adesso lui va in giro a suonare, la gente è difficile che ballino, son pezzi forse troppo veloci, e la gente che passa lì, che sente la musica, gli è successo già qualche volta che gli dicessero, dopo un concerto «Guarda, passavam qua per caso, abbiamo sentito la musica, subito abbiamo pensato che era un funerale». E io, sarà che a me piacciono i fiati, io ho l’impressione che i fiati facciano come un discorso, Wynton Marsalis dice che diversamente dalla musica pop, la musica jazz, che prevalentemente è senza parole, proprio per il fatto di essere senza parole, permette di arrivare più a fondo, di dire cose più precise, di parlare di più, in un certo senso, e a me la musica di Battagliero, per dire, mi sembra che sia proprio quello, uno che fa un ragionamento ma un ragionamento che è proprio convinto, di quello che dice.
[Uscito ieri su Libero]