La cosa peggiore

mercoledì 18 Ottobre 2017

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

Fece anche qualcos’altro. Fece la cosa peggiore che uno scrittore potesse fare in quelle circostanze: cominciò a spiegare a mezzo stampa i punti del suo lavoro che i critici avevano o trascurato o rivolto contro di lui. Gogol’, essendo Gogol’ e vivendo in un mondo a specchio, aveva la speciale abilità di pianificare per intero le proprie opere dopo averle scritte e pubblicate. E così fece con Il revisore. Vi aggiunse una sorta di epilogo in cui spiegava che il vero Revisore che si profila di lontano alla fine dell’ultimo atto è la Coscienza dell’uomo mentre gli altri personaggi sono le Passioni che albergano nelle nostre Anime. In altre parole, si doveva credere che queste passioni erano simboleggiate da funzionari di provincia grotteschi e corrotti e che la Coscienza più elevata era simboleggiata dal Governo.

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, p. 62]

Particolarmente vicino

giovedì 3 Marzo 2016

Vladimir Nabokov, Intransigenze

A quali scrittori viventi si sente particolarmente vicino?

Quando Mr. N. viene a sapere da un’intervista che Mr. X, un altro scrittore, ha citato come suoi autori preferiti Mr. A., Mr. B. e Mr. N., questa inclusione potrebbe imbarazzare Mr. N., il quale magari giudica primitiva e banale l’opera di Mr. A. Mi dispiacerebbe mettere in imbarazzo Mr. C., Mr. D. o Mr. X, che mi piacciono tutti.

[Vladimir Nabokov, Intransigenze, traduzione di Gaspare Bona, Milano, Adelphi 2012 (2), p. 70]

Anche l’elefante è un grande animale

lunedì 29 Dicembre 2014

vladimir nabokov, nikolaj gogol'

Dicono che quando Vladimir Nabokov, nel 1957, aveva chiesto di insegnare ad Harvard, Roman Jakobson, che ad Harvard ci insegnava, si sia opposto, e sembra che a uno dei collaboratori di Jakobson, che aveva obiettato: «Ma è un grande scrittore», Jakobson abbia risposto: «Anche l’elefante è un grande animale; lei lo chiamerebbe a dirigere il dipartimento di zoologia?». Nell’antologia intitolata, in italiano, Intransigenze (Adelphi 1994, 2012) Nabokov, in un’intervista alla BBC del 1962, dichiara che la poesia che preferisce in lingua russa, l’ha scritta, «naturalmente», lui, Nabokov, e in un’altra intervista rilasciata a Playboy nel 1964 dice che Dostoevskij era «un giornalista dalla lingua sciolta e un teatrante da strapazzo» e che «i suoi assassini dal cuore tenero e le sue prostitute dalla grande anima non si possono sopportare», e la reazione che possono provocare queste Strong Opinions (titolo originale di Intransigenze) in un lettore comune come il sottoscritto è pensare che avesse ragione Jakobson, che è bene che questo elefante non abbia diretto il dipartimento di zoologia Continua a leggere »

I lati

venerdì 12 Dicembre 2014

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

oppure il passo che era iniziato in modo colloquiale e divagante all’improvviso deraglia e scarta bruscamente nell’irrazionale, il luogo cui in realtà appartiene; o ancora, in modo altrettanto improvviso si spalanca una porta e una poderosa onda di schiumante poesia irrompe veloce solo per dissolversi nell’anticlimax, o per mutarsi nella parodia di se stessa, o per essere frenata dalla frase che si spezza e ritorna all’imbonimento del prestigiatore, quell’imbonimento che è un tratto così caratteristico dello stile di Gogol’. Dà la sensazione di qualcosa di ridicolo e di stellare al tempo stesso – e piace richiamare alla mente che la differenza tra il lato comico delle cose e il loro lato cosmico dipende da una sibilante.

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, pp. 133-134]

Borbottio, borbottio, onda lirica

giovedì 11 Dicembre 2014

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

Per riassumere: il racconto [Il cappotto] segue questa via: borbottio, borbottio, onda lirica, borbottio, onda lirica, borbottio, onda lirica, borbottio, climax fantastico, borbottio, borbottio e ritorno al caso dal quale tutti erano derivati. A una tale suprema altezza dell’arte la letteratura non ha, ovviamente, niente a che vedere con la pietà per i derelitti o con la condanna dei potenti. Fa appello a quella profondità segreta dell’animo umano in cui le ombre di altri mondi passano come navi mute e senza nome.

6

Come ormai uno o due pazienti lettori forse avranno colto, questo è in realtà l’unico richiamo che mi interessi. Il mio proposito nel buttar giù queste note su Gogol’ è ora, spero, del tutto chiaro. Detto senza mezzi termini consiste in quanto segue: se vi aspettate di scoprire qualcosa sulla Russia, se siete bramosi di sapere perchè i tedeschi si ridussero in condizioni pietose e fecero fiasco la loro guerra-lampo, se siete interessati alle «idee», ai «fatti», ai «messaggi», state lontani da Gogol’. La terribile fatica di imparare il russo per leggere Gogol’ non sarà mai ripagata nel vostro tipo di valuta pesante. Statene lontani. Tenetevi alla larga. Non ha nulla da dirvi. Tenetevi fuori dalla carreggiata. Alta tensione. Chiuso fino a nuova comunicazione. Evitante, astenetevi, non…

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, A cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, pp. 139-140]

Guardiamo, per esempio

martedì 9 Dicembre 2014

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

Guardiamo, per esempio, il sogno di Ivan Špon’ka – un mite, inetto signorotto ucraino, che la terribile e prepotente zia vuole far sposare a forza con la grossa bionda figlia di un vicino: «Ora gli sembrava di essere già sposato, e nella loro casetta era tutto così bizzarro, così strano: in camera sua c’era, al posto di quello singolo, un letto doppio. Su una sedia sta seduta la moglie. Gli pare strano; non sa come avvicinarsi a lei, di cosa parlare con lei, e si accorge che ha la faccia d’oca. Senza volerlo si volta da una parte e vede un’altra moglie [il tema del doppio evocato dal letto sta cominciando a svilupparsi secondo la speciale logica onirica], anche quella con la faccia d’oca. Si volta dall’altra parte, e c’è una terza moglie. All’indietro – ancora una moglie. Qui lo prende l’angoscia. Si precipita di corsa in giardino; ma in giardino fa caldo. Si leva il cappello e vede: anche nel cappello c’è una moglie. [Il sogno è come un gioco di prestigio: moltiplicazione degli oggetti.] Comincia a sudargli la faccia. Si infila una mano in tasca per prendere il fazzoletto – c’è una moglie anche in tasca; si sfila dall’orecchio il batufolo di ovatta – anche lì ci sta una moglie… Ora di colpo saltava su un piede solo, e la zia, guardandolo, diceva con un’aria solenne: “Sì, devi saltare, perché tu adesso sei già un uomo sposato”.  Lui va da lei, ma la zia non è già più la zia, è un campanile. E sente che qualcuno lo trascina con una corda sul campanile. [Qui i freudiani drizzeranno le orecchie!]. “Chi è che mi tira su?” gemette Ivan Fëdorovič. “Sono io, tua moglie, che ti tiro su, perchè tu sei una campana”. “No, io non sono una campana, io sono Ivan Fëdorovič!” gridava lui. “Sì, sei una campana, – diceva passando di lì un colonnello del reggimento di fanteria P****. Ora, d’un tratto, si sognava che la moglie non era affatto un essere umano ma una stoffa di lana; che lui a Mogilëv entrava nel negozio di un mercante. “Quale stoffa desiderate?” dice il mercante. “Prendete della moglie, è la stoffa che va di più! Ottima qualità! Adesso tutti ci fanno le finanziere”. Il mercante misura e taglia la moglie. Ivan Fëdorovič se la mette sotto un braccio, va dal giudeo, dal sarto. “No,” dice il giudeo “non è stoffa buona! Con questa nessuno si fa una finanziera…”.
«In preda al terrore, fuori di sè, Ivan Fëdorovič si svegliò. Il sudore freddo gli scorreva a rivoli.
«Non appena alzato, la mattina, consultò subito il libro dei sogni [il solo libro che avesse mai letto], in fondo al quale un libraio virtuoso, per sua rara bontà e disinteresse, aveva inserito un compendio delle interpretazioni. Ma lì non c’era assolutamente niente che somigliasse anche solo un po’ a quel sogno sconclusionato».

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, A cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, pp. 40-41]

Quando viveva in Italia

lunedì 24 Novembre 2014

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I fiori dell’Italia (dei quali diceva: «Io rispetto i fiori che sono cresciuti su una tomba») lo riempivano di un forte desiderio di essere trasformato in un Naso: perdere qualsiasi altra parte del corpo, occhi, braccia, gambe, ed essere solo un enorme Naso, «con le narici delle dimensioni di due grandi secchi, così da poter inalare quanti più aromi possibile, quanto più primavera». Egli era particolarmente naso-consapevole quando viveva in Italia.

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, p. 116]

Chi ha inventato la locomotiva

martedì 18 Novembre 2014

Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol'

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Si è suggerito che la fantastica, isterica, superstiziosa e ipersospettosa ma comunque piuttosto amabile Marija Gogol’ fosse responsabile di aver ispirato a Nikolaj quella paura dell’inferno destinata a tormentarlo per tutta la vita; ma con ogni probabilità si sarebbe più vicini al vero se si dicesse, semplicemente, che lei e suo figlio erano di temperamento molto simile – fors’anche aggiungendo che questa stramba signora di provincia, che stupiva e annoiava i suoi amici sostenendo che le locomotive, i piroscafi e così via erano stati inventati dal suo Nikolaj (e che portava il figlio sull’orlo dell’irritazione quando, vezzosamente, suggeriva che fosse lui l’autore di qualsiasi romanzo dozzinale in cui si imbatteva), al lettore di Gogol’ sembra, in maniera inquietante, un parto della di lui immaginazione.

[Vladimir Nabokov, Nikolaj Gogol’, a cura di Cinzia De Lotto e Susanna Zinato, Milano, Adelphi 2014, p. 24]

La poesia russa che preferisce

domenica 17 Agosto 2014

Vladimir Nabokov, Intransigenze

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Faccio molta attenzione a tenere i miei personaggi fuori dai confini della mia identità. Solamente lo sfondo del romanzo [Il dono] presenta qualche tocco che si può considerare autobiografico. E c’è un’altra cosa che mi piace di questo libro: la poesia russa che preferisco è probabilmente quella che nel romanzo mi è accaduto di attribuire al protagonista.

Una poesia scritta da lei?

Scritta da me, naturalmente; e ora mi domando se sarei capace di recitarla in russo. Mi si consenta una spiegazione: in questa poesia ci sono due persone, un ragazzo e una ragazza, in piedi su un ponte sospeso sopra i riflessi del tramonto, e ci sono rondini che sfrecciano intorno, e il ragazzo si rivolge alla ragazza e le chiede: «Dimmi, ricorderai per sempre quella rondine? Non una rondine qualsiasi, non quelle rondini laggiù, ma la rondine che ci ha sfiorati?». E la ragazza dice: «Certo che la ricorderò», e tutti e due scoppiano in lacrime.

Odnázhdy mi pód-vecer óba
Stojáli na stàrom mostù.
Skazhì mne, sprosil ja, do gróba
Zapómnish’ von lástocku tù?
I tý otveciála: escjò by!

I kák my zaplákali òba,
Kak vskríknula zhízn’ na letú!
Do závtra, navéki, do gròba,
Odnázhdy na stárom mostú…

[Vladimir Nabokov, Intransigenze, traduzione di Gaspare Bona, Milano, Adelphi 2012 (2), p. 30-31]