18 febbraio – Reggio Emilia

sabato 18 Febbraio 2017

Sabato 18 febbraio,
a Reggio Emilia,
alla libreria Il Novello,
in via Panciroli 8/B,
alle 18 e 30,
Vite sbobinate e altre vite,
con Alfredo Gianolio.

La mania della pittura

sabato 18 Febbraio 2017

Copertina-Gianolio-Vite-sbobinate-m

Faccio qualcosa di male?
Per la pittura ero disposta a tagliarmi le orecchie come Van Gogh. La vita era per me importante ma la pittura ancora di più. Io mi lascio prendere dall’istinto, come le bestie. Mi ero presa un po’ di libertà in casa. Se non pulisco oggi pulisco domani. Ma devo stare sempre molto attenta. Sai quanti arrosti ho bruciato?

[Fiorentina de Fraia, La mania della pittura, in Alfredo Gianolio, Vite sbobinate e altre vite, Macerata, Quodlibet 2013, p.154]

14 giugno – Ozzano Taro

sabato 14 Giugno 2014

Sabato 14 giugno,
a Ozzano Taro,
al museo Guatelli,
alle 17,
Vite sbobinate e altre vite,
con Alfredo Gianolio e Paolo Nori.

Positivamente nel mondo

venerdì 13 Giugno 2014

alfredo gianolio, vite sbobinate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Positivamente nel mondo c’è sconcertamento spropositante… Io non credo che la gente vada nella luna e non credo ci siano i marziani, che c’è questo c’è quest’altro. È inutile voler andare nella luna perché se andiamo su cento metri, veniamo già perché cadiamo a terra. Una volta c’era il razzo dei razzi che si chiamava Salvagna e aveva infilato un fascino nella luna ma è una caosa difficile e non si fa più vedere neanche lui.
Aveva messo il fascino dei rasini contro la luna per sfondarla, qui ci posso credere perché quello era un uomo che chissà quante migliaia di miliardi di giorni era lassù, era diventato un selvatico che non aveva paura della luna e allora aveva messo con una forca un fascino di rasini contro la luna per soffocarla. Si vedeva proprio chiaro questo Salvagna contro la luna che non aveva paura ma non è riuscito a soffocare la luna, è sprofondato dentro e si sperso.

[Bruno Rovesti, Dopo poi dopo, in Alfredo Gianolio, Vite sbobinate e altre vite, Macerata, Quodlibet 2013, p. 99]

Quando faccio una cosa

venerdì 11 Aprile 2014

gianolio, vite sbobinate e altre vite

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E sono riuscito a avere un’originalità complessiva continuamente: quando faccio una cosa non faccio la medesima, faccio altre cose.

 

[Bruno Rovesti, E dopo poi dopo, in Alfredo Gianolio, Vite sbobinate e altre vite, Macerata, Quodlibet 2013, p. 96]

Una salute per i giovani

lunedì 23 Dicembre 2013

gianolio, vite sbobinate e altre vite

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Recentemente ho fatto un seminario di scrittura a Genova, e mi è capitato di passare, al ritorno, per un paio di domeniche di questo dicembre, per Voghera, per Pavia, per Milano, per Lodi, Piacenza, Pama, Reggio Emilia, Modena, e erano tutte, queste città e queste campagne che vedevo dal treno, nascoste, o ingentilite, come si dice, dalla nebbia, che in questi ultimi anni sembrava sparita e adesso, sembra, è tornata, e a vederla tornare io son stato contento perché mi è venuto in mente un libro di Alfredo Gianolio recentemente ripubbicato da Quodlibet nella collana Compagnia extra, Vite sbobinate e altre vite, che è una serie di nastrobiografie sbobinate dall’avvocato Gianolio (classe 1927, di Suzzara, critico d’arte, amico e discepolo di Cesare Zavattini a cui, un paio di anni fa, il regista Nicola Nannavecchia ha dedicato un film, Il segno e la voce: vita d’artista) e in particolare mi è tornata in mente la piccola autobiografia di Pellegrino Vignali, detto Mandarèin, un pittore e scultore dell’appennino reggiano che a un certo momento dice a Gianolio: «Devo anche aggiungere, signor avvocato, che sento sempre nominare la nebbia di Milano. Sempre parlano di questa nebbia, questa nebbia, questa nebbia. Non aggiungo altro ma, se questa nebbia decidessero di farla sparire, i milanesi dopo poco tempo si ammalerebbero tutti. Perché la nebbia ha una temperatura che la porta ad andare dove c’è da mangiare, è una sua debolezza va dove trova della sostanza. Se andasse via quella nebbia, che Milano da quando è Milano ha sempre avuto, tutti i milanesi si ammalerebbero perché la nebbia assorbe tutti i microbi e mantiene sana la gente. Ma non si può spazzar via la nebbia, cosa in verità impossibile perché nella terra c’è una calamita che attira questa roba. E la nebbia ha la debolezza di andare verso la calamita. Se uno mi interpella sul problema della nebbia gli direi di stare attento al punto in cui la nebbia viene attratta e, a distanza di una decina di chilometri, gli direi di fare un buco per vedere che cosa c’è sotto quel terreno, vicino alla calamita può darsi che ci sia qualcosa che possa interessare tutto il mondo. Se c’è qualcosa che non va mi viene in nebbia di Milano, la salsa di Regnano. Può essere sotto di loro un fenomeno che danneggia l’Italia intera. Ho pensato a volte a queste cose, senza dire nulla. Quando sono a letto non riesco a dormire, mi viene in mente la salsa di Regnano, mi preoccupa che possa andare via la nebbia di Milano, che può essere una salute per i giovani». Continua a leggere »

I Fagiani

giovedì 24 Ottobre 2013

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I Fagiani si sono esibiti anche in una piattaforma sul Po nei pressi di Gualtieri. A cantare c’era il professor Gino Ruozzi, del quale non si sapeva come giudicare la performance. Al riguardo c’erano due scuole di pensiero. Secondo una scuola lui non sarebbe capace di cantare e quindi le stonature sarebbero inevitabili. Ma l’altra scuola di pensiero riteneva che lui avrebbe studiato una certa modalità canora, introducendo intenzionalmente delle stonature per raggiungere determinati effetti. Quando gli sono state richieste delle spiegazioni, è sempre stato sul vago per cui non si è mai capito bene.

 

[Alberto Manfredini, detto il Gaucho, in Alfredo Gianolio, Vite sbobinate e altre vite, Macerata, Quodlibet 2013, p. 188]

Ottavio

giovedì 8 Gennaio 2009

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Molti vanno a ballare, sono bravi ballerini, ma vanno per riempire un vuoto. La solitudine c’è in tutte le categorie, c’è nel separato, nello sposato e nel vedovo. Tante volte è più solo chi vive tra mille persone di chi vive solo. Ci sono personaggi strani che tutte le volte che ballano pensano di avere la libertà di mettere le mani dove vogliono, ma se la donna impara a conoscerli non balla più con loro. Anche se con i loro sistemi pesanti non ottengono i risultati sperati, loro insistono. Non capiscono che a insistere con questa tattica vengono poi messi al margine. Non sono poi stupide queste donne. Cerco di capirli per la loro età, per la loro solitudine, ma una volta uno ha esagerato e ho detto basta! E tutte le volte che mi vedeva mi diceva: ma perché con me non vuoi più ballare? Lo voleva sapere e gli dissi: è perché non ti comporti bene. – Non è vero ti sbagli! Eravamo in mezzo alla gente e non ho voluto replicare, ma si sono sentita stupida. Se non ha capito ciò che ho voluto dire è perché sono troppo buona. A un certo punto si è permesso anche di alzare la voce. Dopo io mi sono mangiata la lingua. Ammetteva di aver allungato le mani, ma secondo lui non c’era niente di strano. Evidentemente per lui era una cosa normale. Un altro uomo che da anni vive solo e per il quale il ballo è importantissimo, perché ha bisogno di compagnia, è Dentini Ottavio.
– Vedi questa camicia – mi dice – Me la sono stirata io, mi lavo e mi stiro da solo. Vieni al mare con me? Ho la roulotte.
– A me piace andare in pensione, se vado al mare mi piace stare comoda. Trovavo fuori delle scuse per non dirgli di no.
– Se vieni al mare con me sarai servita come una regina.
Poi mi invitò a vedere i cardellini che avevano fatto il nido vicino a casa sua. Poi si raccomandò: – Quando vai a casa prendi l’elenco telefonico, lo apri e poi cerchi Dentini Ottavio, mi telefoni e mi dici: come stai Dentini Ottavio? Io ti dirò che sto bene.
Molti uomini si ostinano a ballare con la giacca, anche quando incomincia a far caldo, perché pensano di essere più eleganti, ma non si rendono conto che il calore della giacca si trasmette alla donna causandole enorme fastidio. Incravattato e con la giacca, ballava un tango con me un certo Mario Serafini, che emanava uno strano odore di sottaceti. L’ho immaginato a preparasi la cena da solo adattandosi a quello che aveva di pronto in cucina. Prese a dire che aveva freddo, che il tango sarebbe stato più bello se fossimo stati più vicini. Non osai dirgli che a mantenere le distanze era in primo luogo quello strano odore di sottaceti.

[Carmen Togni, in Alfredo Gianolio, Vite sbobinate e altre vite, pp. 159-161]

Dal conte Sforza

martedì 6 Gennaio 2009

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Sono cresciuta con principi morali molto solidi. Nata il 16 settembre 1918 a Reggio Emilia, avevo genitori onesti, mia madre soprattutto era una santa. Mio padre non ci faceva mancare niente, ci portava tutto, era molto stimato anche da gente nobile. Mia madre a quindici anni è andata a fare la cameriera a Milano dal conte Sforza. Era molto bella, volevano farla diventare un’artista, aveva un bel corpo e un bel viso e certe possibilità, ma lei era molto religiosa e non ne ha voluto sapere. È rimasta fedele al suo padrone che le ha insegnato anche a lavarsi le orecchie come se fosse stata una sua figliola e voleva che la sua figliola, professoressa Camilla, la trattasse come sorella, e quindi lei si è trovata benissimo in quella casa come se si fosse trovata coi suoi genitori, solo che lei aveva sempre nel cuore il suo paesello, che era in montagna a Casa Schiavino.

[Laura Bertozzi, in Alfredo Gianolio, Vite sbobinate e altre vite, cit. pp. 47-48]