Anche se
Io comunque sono un personaggio stupefacente, anche se non mi piace molto parlarne.
[Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 343]
Io comunque sono un personaggio stupefacente, anche se non mi piace molto parlarne.
[Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 343]
A Lev Tolstoj piacevano molto i bambini. Al mattino si svegliava, ne prendeva uno a caso e lo accarezzava sulla testolina, lo accarezzava finché non lo chiamavano a far colazione.
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 312]
Dostoevskij era andato a trovare Gogol’. Aveva suonato. Gli avevano aperto. «Ben ma, – gli avevano detto, – Fedor Michajlovič, Nikolaj Vasilevič son già quindici anni, che è morto».
«E be’?,– aveva pensato Dostoevskij, che Dio l’abbia in gloria, – anch’io morirò, una qualche volta».
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 312]
A Lermontov piacevano molto i cani. Anche a Dostoevskij, che Dio lo abbia in gloria, piacevano molto i cani, ma lui era terribilmente suscettibile, e lo nascondeva (il fatto dei cani), perché nessuno potesse dire che imitava Lermontov.
Dicevano già tante di quelle cose, di lui.
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 317]
Una volta a F. M. Dostoevskij gli si erano otturate le narici. Aveva cominciato a soffiarsi il naso, gli si era crepato un timpano. Aveva provato a metterci un tappo, era troppo grosso, prendeva contro il cranio. Aveva legato una cordicella, aveva provato a guardare, non gli si chiudeva più la bocca. E si era svegliato che era tutto imbarazzato, che Dio lo abbia in gloria.
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 309]
A Daniil Charms piaceva stare in equilibrio, tutte le mattine, sulla testa. Anche di giorno, stava in equilibrio, ogni tanto, sulla testa, e prima di pranzo, e dopo cena, e a notte fonda. Tutti, intorno, scrivevano, trafficavano, si riunivano, bussavano alle porte e andavano in ufficio, e lui non faceva altro che stare in equilibrio sulla testa.
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 325]
Puškin è a casa sua, seduto, e pensa: «Io, lo sappiamo, sono un genio. Anche Gogol’ è un genio. Ma anche Tolstoj, è un genio, e anche Dostoevskij, che Dio l’abbia in gloria, è un genio. Quando finirà tutto questo?».
E niente.
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 304]
Una volta Puškin ha scritto una lettera a Rabindranath Tagore. «Caro amico lontano, – gli ha scritto, – io non La conosco, e Lei non mi conosce. Sarebbe bello conoscerci. Stia bene. Saša».
Quando è arrivata la lettera, Tagore stava meditando. Una meditazione così profonda, che si tagliava con il coltello. La moglie lo scuoteva, lo scuoteva, gli metteva la lettera sotto il naso, niente da fare, non la vedeva. Lui, a dire il vero, non sapeva leggerlo, il russo.
Così non si son conosciuti.
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 307]
Una volta Gogol’ si è travestito da Puškin e è andato a trovare Lev Tolstoj. Nessuno si è meravigliato, perché, in quel periodo, F. M. Dostoevskij, che Dio lo benedica. (1)
[Aneddoti attribuiti a Daniil Charms, in Daniil Charms, Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 306]
(1) L’aneddoto è evidentemente incompiuto [nota del curatore di Vešč’, Moskva, Amfora 2000, p. 306]