martedì 15 Agosto 2017

«Lei deve dunque sapere» attaccò rivolgendosi più al Lunardini che a me «che il Merdicchione si era opposto con insistenza a una giusta richiesta di Sua Eccellenza Mordace. Quel cognome è chiaro che non stava bene a un magistrato: si poteva e si doveva modificarlo e correggerlo. Ma lui non ne voleva sapere. Allora Mordace cosa fa? Per smuoverlo, inizia una procedura d’ufficio. Comincia col richiedere al paese di nascita del Merdicchione la copia integrale del suo atto di nascita. E cosa capita? Che in calce all’atto di nascita figura un’annotazione: “Il Merdiccione Giovanni di cui al presente atto è deceduto in data 4 settembre 1930”. Deceduto! Qui, il Mordace mangia la foglia, anzi, la morde. Comincia a istruire un procedimento penale e chiede al procuratore del re di Trani di aprire un’inchiesta. Tutto diventa chiaro: il Merdicchione Giovanni defunto era un laureato in legge che nel 1929 aveva vinto un concorso per sessantacinque posti di uditore di pretura. Nel 1930 quando, arrivata la nomina, si accingeva a partire per la Pretura di Napoli dov’era stato destinato, una febbre tifoide lo mandò all’altro mondo. Figuratevi una famiglia meridionale che riesce a portare un figlio alla laurea e poi a farlo entrare in magistratura! Una quaterna al lotto! Sfumata di colpo, rientrata nel nulla. In famiglia c’era un cugino della stessa età ma d’altro cognome: Giuseppe Quattropalmi. Un giovane sfaccendato che al secondo anno di legge aveva interrotto gli studi. Qualcuno nella famiglia ebbe l’idea di passargli i documenti del morto, che gli somigliava come un fratello e d’infilarlo tra i vincitori del concorso. Era arrivata, proprio in quei giorni, l’assegnazione del Merdicchione alla Pretura di Napoli. Il Quattropalmi si presentò in luogo del morto e venne immesso nelle funzioni. Dopo un anno di uditorato fu nominato pretore e trasferito ad Aidussina. Ma si trovava nella stessa situazione di un falso prete che amministri i sacramenti. Mancava del carisma. E si sentiva. Le sue sentenze avevano qualche cosa di approssimativo, di incerto, anche nella forma. Specialmente nella forma.
«Quando Sua Eccellenza Mordace» continuò «di nulla sospettando, lo mandò a chiamare per indurlo a cambiare cognome, si impuntò. Merdicchione sono nato e Merdicchione voglio morire, disse. Sfido! Si era reso conto che per ottenere la modifica avrebbe dovuto produrre la copia integrale dell’atto di nascita e si sarebbe scoperto il trucco.
[Piero Chiara, Vedrò Singapore?, Milano, Mondadori 2014, pp. 84-85]
lunedì 14 Agosto 2017

Fu in quei giorni che il pretore Merdicchione venne chiamato alla procura generale di Trieste.
Partì alle sei della mattina accompagnato dall’ufficiale giudiziario Bolognini in automobile e tornò al pomeriggio. Quando, guardando dalla finestra, lo vidi entrare dal cancello seguito dal Bolognini, andai di sopra per sentire le novità.
Merdicchione, Bolognini e Semitecolo erano nello stanzino del poker, seduti al tavolo. Il pretore aveva appena incominciato a raccontare:
«Alle nove in punto un usciere m’introdusse nell’ufficio di Sua Eccellenza Mordace, che mi fece sedere, mi guardò come si guarda uno strano animale poi, a bruciapelo, mi disse: “Un magistrato, in questi posti e direi in qualunque luogo d’Italia, non può avere un cognome come il suo, tanto più quando esiste la possibilità di modificarlo. La Corte d’Appello, a sua domanda, in qualche settimana può ordinarne la modifica, disponendo l’annotazione del provvedimento sui registri dello Stato Civile. Chiunque ha diritto di mutare il proprio cognome quando sia tale da esporlo al ridicolo e allo scherno. Le è in questo caso e spero che se ne renda conto”
«”Eccellenza” osservai “quando ho partecipato al concorso nessuno mi ha detto che col mio cognome non avrei potuto fare il magistrato.”
«”Ma glielo dico io!” proruppe Mordace “e ho l’autorità per dirglielo” Lei può scegliere un cognome che differisca il meno possibile dal suo: Mordicchione, per esempio. Oppure Murdicchione, Ferdicchione, Perdicchione, Serdicchione, Verdicchione, Zerdicchione. Tutto, ma non Merdicchione. Lei non può mandare in giro sentenze e decreti che vanno fra il pubblico con sotto quel cognome!”
«Mi sentivo umiliato, distrutto.»
«Allora» lo interruppe Semitecolo «ha accettato la proposta?»
«Neanche per idea!» esclamò il pretore. «Mi è venuto, improvvisamente, un coraggio da leone. Tanto che gli ho detto, pacatamente: “Eccellenza, nella mia famiglia abbiamo avuto nel secolo scorso un generale dell’esercito borbonico e quarant’anni fa un monsignore di Santa Romana Chiesa. Nessuno, né il re di Napoli né il papa, si è mai sognato di indurli a mutare cognome. E io non posso, semplice pretore come sono, portare un simile disdoro alla mia famiglia, che è degna del più grande rispetto. Ho parenti ingegneri, medici, insegnanti, che si onorano di questo casato. Come potrei, tornando in Puglia, a casa mia, presentarmi a mio padre, che è giunto alla veneranda età di ottant’anni, ai miei fratelli, agli zii, ai cugini, agli stessi miei concittadini? Dovrei dire ai miei parenti: non appartengo più se non per sangue alla vostra schiatta, perché mentre voi restate Merdicchioni io sono diventato Mordicchione, oppure Verdicchione. Mi chieda qualunque cosa, Eccellenza, mi faccia trasferire in Puglia, o anche in Calabria, in Sardegna, ma consenta che resti Merdicchione. Merdicchione sono nato e Merdicchione voglio morire!”»
«Bravo!» approvò Semitecolo.
[Piero Chiara, Vedrò Singapore?, Milano, Mondadori 2014, pp. 62-65]