L’apocalisse del nostro tempo

giovedì 10 Novembre 2022

Una cortina di ferro cade sulla Storia Russa, stridendo, cigolando, sbattendo.
– La rappresentazione è finita.
Il pubblico si alza.
– È ora di infilare la pelliccia e di rientrare a casa.
Ci si volta.
Non vi sono più pellicce, né case.

(La rivoluzione secondo Vasilij Rozanov, L’apocalisse del nostro tempo, 1918, Milano, Adelphi 1979, cura di Alberto Pescetto, p. 140)

Un miracolo

domenica 27 Dicembre 2020

«Il miracolo della scrittura di Dostoevskij sta nell’eliminazione della distanza tra il soggetto (il lettore) e l’oggetto (l’autore), in forza della quale lui risulta il più familiare di tutti gli scrittori contemporanei, e, forse, anche di quelli futuri, di tutti gli scrittori possibili.
È una cosa incomparabilmente superiore, più nobile, più enigmatica, più significativa delle sue idee. Le «idee» posso essere tante, così come le «strutture», ma il tono, di Dostoevskij, è un miracolo psicologico.
Di idee voi ne avete avute, e sono passate… Ma le sue idee, anche quelle passate, sono delle strade. Ecco perché tutte le idee di Dostoevskij possono passare, o rivelarsi false, o voi potete smettere di condividerle; e se succede, l’autorità spirituale di Dostoevskij non diminuisce per niente. E questo: è un miracolo».

[Vasilij Rozanov su Dostoevskij]

Prova

lunedì 21 Dicembre 2020

Il difficile, al mondo, non sono gli schemi, ma i dettagli. Fare felice una città non è una grande impresa. Ma prova a vivere, felice, nella tua famiglia. Per la prima cosa è sufficiente un buon governatore, la seconda non è stato capace di farla Tolstoj.

[Vasilij Rozanov, Perché ci è caro Dostoevskij, 1911]

Il sole

mercoledì 27 Aprile 2016

Vasilij Rozanov, L’apocalisse del nostro tempo, Milano, Adelphi 1979, cura di Alberto Pescetto

Provate a crocifiggere il sole.
E vedrete chi dei due è Dio.

[Vasilij Rozanov, L’apocalisse del nostro tempo, Milano, Adelphi 1979, cura di Alberto Pescetto, p. 165]

Addirittura

venerdì 28 Novembre 2014

Vasilij Rozanov, Da motivi orientali

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il sesso nell’uomo assomiglia a un bosco incantato, ossia a un bosco stregato e protetto da formule magiche. Chi tenta di avventurarvisi cade in preda al sonno, o è tratto in inganno, o è plagiato. Qualche volta eliminato. Nell’uno e nell’altro caso egli è “scortato” da sortilegi che ottengono il loro principale scopo – non gli concedono l’accesso nel bosco, non glielo lasciano penetrare. Altri ne sono anche respinti, intimiditi da incantesimi che assumono aspetto di “spauracchi” terrificanti, che l’uomo non osa nemmeno nominare. Né il pennello, né la parola umana ardirebbero di riprodurre le loro parvenze. L’uomo fugge nel terrore e, ancora una volta, il fine è raggiunto: il bosco incantato resta un mistero.
È il sesso questo bosco misterioso. Ma ecco che vi s’inoltra Edipo. Ciò che importa a questo punto è non perdere la testa, drizzare bene le orecchie, sorvegliare occhi e cervello. Non bisogna fotografare affatto i “mostri”, basta riflettersi in essi soggettivamente: qui inizia una straordinaria metamorfosi e il primo passo di chi si arrischia è ampiamente ricompensato. Quelli che dal di fuori, dal fianco della città, dalla strada polverosa, sembravano mostri cornuti e nodosi, dall’altra sponda – dalla sponda del bosco in cui il viandante si è già avventurato – si trasformano al suo sguardo in visioni miracolose, in autentici “elfi”, in esseri buoni con un sorriso di cielo beato e ali paradisiache. Il sesso – “covo del vizio”, “antro di ogni turpitudine”, “vaso di Pandora”, da cui soffiano venti pestilenziali che sconvolgono il mondo – d’improvviso si dimostra una ben altra realtà: rifugio per i puri, fonte di quanto è specificamente integralmente incorruttibile nel mondo – e, da ultimo, addirittura arca di salvezza, dove si conserva il tesoro di un’eterna e inesauribile santità, che si riversa sul mondo. Chi è penetrato ormai nel bosco incantato e “non vi ha perduto il senno”, scopre a ogni piè sospinto immensi tesori: li raccoglie nella cesta, li cela in petto, li stringe nell’orlo della camicia. Infatti si tratta di “un’intera fortuna”. Ma noi, noi spersi laggiù, nella città coperta di polvere, ignoriamo vicino a quale perenne freschezza di vita si viva.

[Vasilij Rozanov, Da motivi orientali, a cura di Alberto Pescetto, Milano, Adelphi 1988, pp. 65-66]

Il censore

lunedì 20 Luglio 2009

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E, più semplicemente, non pronunciamo forse qualche volta la parola “dio” o “Dio” con tali sfumature e in momenti tali della nostra situazione personale, ovvero della realtà che ci circonda, da non richiedere affatto che si evochi quella specifica predicazione, o quei precetti particolari e nomi concreti, che l’apostolo Paolo importò a Roma? Oh sì, è un fatto!

Quando la campagna ingiallendo ondeggia
E il bosco novello risuona nel rumore del vento
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Allora si placa l’ansia della mia anima…
E nei cieli io vedo Iddio.

Che strani versi! Se il censore, esaminandoli prima di approvarli, avesse proposto all’autore di correggere l’ultima riga nel modo in cui san Paolo predicava, e cioè scrivendo: “e nei cieli io scorgo Cristo Gesù”, Lermontov, sgomento, impaurito, avrebbe riportato la poesia a casa e, dopo aver meditato a lungo, alla fine avrebbe preferito non stamparla affatto, anziché introdurre una correzione non conforme al suo stato d’animo e all’argomento dei versi.

[Vasilij Rozanov, Da motivi orientali, a cura di Alberto Pescetto, Milano, Adelphi 1988, p. 43]

Rozanov

martedì 9 Dicembre 2008

La divina commedia

Una cortina di ferro cade sulla Storia Russa, stridendo, cigolando, sbattendo.
– La rappresentazione è finita.
Il pubblico si alza.
– È ora di infilare la pelliccia e di rientrare a casa.
Ci si volta.
Non vi sono più pellicce, né case.

(Vasilij Rozanov, L’apocalisse del nostro tempo, op. cit., p. 140)

Se non che

domenica 7 Dicembre 2008

Per quanto piccino, sono anch’io un uomo fornito di 32 costole.

(Vasilij Rozanov, L’apocalisse del nostro tempo, Milano, Adelphi 1979, cura di Alberto Pescetto, p. 43)