Dal punto di vista del carabiniere
Siccome sto provando a scrivere un giallo, è un periodo che leggo un po’ di gialli, e, tra gli altri, mi è successo di leggere Le inchieste del colonnello Reggiani, di Valerio Massimo Manfredi, appena uscito per Einaudi Stile Libero, e mi è sembrato un libro stranissimo. Prima di tutto per via del fatto che il colonnello Reggiani e i carabinieri che si trovano nel libro non sono dei carabinieri normali come quelli che abbiamo visto tutti, in giro per strada o nelle caserme dei carabinieri quando ci è capitato di fare delle denunce perché ci avevano rubato il portafoglio, sono dei carabinieri bravissimi e preparatissimi, e questo va bene, ed è confortante, ma sono anche molto belli e molto eleganti, e di loro, sia dei giovani che dei vecchi, si innamorano delle donne bellissime e nobili e molto eleganti anche loro. Qualche mese fa un critico mi ha detto che io, nei miei libri, faccio entrare la vita quotidiana, e io mi ricordo che avevo pensato che conoscevo solo la vita quotidiana, che della vita mensile, o della vita bimestrale, o di quella semestrale non avevo esperienza; ecco, adesso mi sembra di aver capito: nel libro di Manfredi non si racconta la vita quotidiana ma una specie di vita ideale, dal punto di vista di un carabiniere. Sarebbe ammirevole, questa stima che Manfredi manifesta nei confronti dell’arma se non ci fossero, nella pagina del copyright, tre righe che dicono «Edizione realizzata in collaborazione con l’Ente editoriale dell’Arma dei Carabinieri in occasione del Bicentenario dei Carabinieri», che mettono un po’ in imbarazzo il lettore, che immagina, fin da subito, che in questo libro i carabinieri faranno, come minimo, una bellissima figura. Ma la cosa più singolare, mi sembra, del libro di Manfredi, è la lingua.
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