Se avessero potuto parlare
Una cosa stranissima, della nostra idea su di noi, e quando dico noi intendo noi italiani, con tutta l’approssimazione che ci può essere dentro quel noi, una cosa stranissima, mi sembra, è che quando parliamo di noi stessi noi di solito ne parliamo malissimo, quando uno straniero si azzarda a parlar male di noi ci viene da contraddirlo e ci monta anche un po’ di nervoso.
Io, per esempio, in questi giorni sto provando a scrivere un discorso che mi hanno chiesto di fare in occasione delle celebrazioni dell’unità d’Italia, e, non sapendo praticamente niente del risorgimento, ho provato a ragionare sull’unità linguistica, e mi son trovato a scrivere che in relazione alla particolarità della storia della lingua italiana, che è stata, per la maggior parte degli italiani, prima una lingua scritta e poi una lingua parlata, cioè, sostanzialmente, una lingua imparata a scuola, tanto che Settembrini, intorno al 1870, cioè un decennio dopo l’unità d’Italia, finiva le sue lezioni sulla letteratura italiana augurandosi che l’italiano diventasse una lingua viva, intendendo con ciò che era ancora una lingua morta, una lingua libresca, e tanto che mia nonna, che aveva fatto la seconda elementare, quando sentiva un discorso in italiano che le risultava complicato perché c’erano delle parole difficili di quello che aveva fatto il discorso diceva che parlava come un libro stampato, in relazione a questa particolarità, dicevo, mi son trovato a scrivere che ancora oggi, 150 anni dopo l’unità d’Italia, trovare in Italia dei libri stampati dove si parli una lingua viva, concreta, simile alla lingua che sentiamo parlare per strada, non è facilissimo. Continua a leggere »