La verità delle montagne
In tutto ciò vediamo un chiarissimo segno del fatto che noi riceviamo la nostra religione solo alla nostra maniera e con i mezzi di cui disponiamo, in modo non diverso da come gli altri ricevono la loro. Ci siamo ritrovati a nascere in un paese dov’era in uso, e così rispettiamo la sua antichità, o l’autorità degli uomini che l’hanno tenuta in vita, oppure siamo intimoriti dalle minacce che essa brandisce contro i miscredenti, oppure ci affidiamo alle sue promesse. Tali considerazioni devono suffragare il credo, ma soltanto come argomenti accessori. Sono vincoli umani. Un’altra regione, altre testimonianze, promesse e minacce analoghe potrebbero allo stesso modo instillare in noi un credo contrario. Si è cristiani come si è perigordini o tedeschi.
/…/ Che verità è mai quella che non va oltre queste montagne ed è menzogna per quelli che vivono dall’altra parte?
[Montaigne, Apologia di Raymond Sebond, citato in Antoine Compagnon, Un’estate con Montaigne, traduzione di Giuseppe Girimonti Greco e Lorenza Di Lella, Milano, Adelphi 2014, pp. 93-94]