Degli altri strumenti
Non so chi sia stato a proporre come candidato al premio Strega il romanzo a fumetti unastoria, di Gipi (Coconino press); chiunque sia stato, per conto mio, han fatto bene. A me unstoria sembra un libro fatto a mano, nel senso in cui si usa questa espressione a Parma, dove, per dire a una ragazza che è bella, per farle un complimento, le si dice «Sei fatta a mano»; ecco, unastoria di Gipi a me è sembrato un libro commovente non per quel che racconta, per il modo in cui lo racconta, e se lo prendete e lo aprite a pagina 60 e 61 forse capite quel che voglio dire, ma non è di quello che voglio parlare.
La cosa di cui voglio parlare è il fatto che, con questa candidatura, ho avuto l’impressione che il premio Strega, che è un’istituzione che nella mia testa è un po’ datata, un po’ antica, un po’ agée, come forse si dice, facesse un salto nella contemporaneità, ci sorpassasse, ci mettesse davanti al fatto che i libri, in questi anni, sono cambiati, che gli scrittori hanno a disposizione anche degli altri strumenti, oltre a quelli tradizionali del lessico, della sintassi, della retorica eccetera eccetera.
Ecco io ero talmente preso, nella mia testa, da questa novità, che pensavo che unastoria l’avrebbe vinto, il premio Strega, e quando, l’altro giorno, sono usciti i cinque finalisti, a vederne l’elenco (Giuseppe Catozzella, Non dirmi che hai paura, Feltrinelli; Antonio Scurati, Il padre infedele, Bompiani; Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi; Francesco Pecoraro, La vita in tempo di pace, Ponte Alle Grazie; Antonella Cilento, Lisario o il piacere infinito delle donne, Mondadori), a me è venuta in mente l’Unione Sovietica e il fenomeno del Samizdat. Continua a leggere »