Quello che ho da dire sul caffè
Si sente?
Grazie.
Buongiorno.
Grazie dell’invito.
Quando ho detto a mia figlia che sarei venuto qui a Trieste a leggere un discorso di cinquanta minuti sul caffè che avrei dovuto scrivere io, mia figlia, che ha dieci anni, e che, quando scrivo di lei, la chiamo, convenzionalmente, La Battaglia, mi ha detto «Be’, te lo sai, cosa dire, sul caffè, ne bevi sempre».
E io ho pensato “È vero, ne bevo sempre”.
Una cosa simile l’avevo pensata qualche giorno prima quando una senatrice che legge i libri che scrivo mi ha telefonato mi ha chiesto se volevo andare a fare un discorso, al senato, sul cibo, che io, mi ricordo, per prima cosa avevo pensato “Ma come mai una senatrice legge i libri che scrivo io?”, e per seconda cosa “Be’, – avevo pensato, – io son cinquantadue anni, che mangio, lo saprò, cosa dire, sul cibo”.
Solo, che, adesso, il cibo, ci pensiamo poi dopo quando andiamo al senato, ammesso che ci andiamo, ma adesso che siamo qua, il caffè, cos’ho da dire, io sul caffè?
Ecco la prima risposta che mi viene su dalla pancia, è: «Niente.
Io, sul caffè, non ho da dir niente».
[Inizio del discorso Una scelta irrevocabile che leggo stasera a Trieste]