Una cosa grande
Ci son delle mattine che giro per casa per venti minuti con lo zaino in spalla e cerco lo zaino, e non lo trovo. E mi chiedo “Ma come ho fatto a perdere una cosa così grande come uno zaino?”.
Ci son delle mattine che giro per casa per venti minuti con lo zaino in spalla e cerco lo zaino, e non lo trovo. E mi chiedo “Ma come ho fatto a perdere una cosa così grande come uno zaino?”.
Siccome, qualche anno fa, quando per qualche giorno non ho aggiornato questo sito, dopo è saltato fuori che ero stato male, allora adesso ogni tanto, quando non lo aggiorno al mattino, o alle 00:02, come faccio di solito, qualcuno mi scrive chiedendomi se sto male, allora volevo solo dire che stanotte ero stanco mi sono addormentato, e stamattina ho lavorato un po’ non ho avuto tempo (ho anche rotto una stampante, mi è rimasta in mano), però insomma sto abbastanza bene, non c’è male.
[scritto dal telefono]
È finito l’inverno e quest’anno non ho perso neanche un cappello. Ne ho comprato uno in ottobre e ce l’ho ancora in aprile, e da un lato sono contento, dall’altro mi dispiace perché l’anno prossimo sarà impossibile, fare meglio di così.
E al futuro io non ci penso mai, ma mai. Perché se ci penso, al futuro, non son capace di far niente. E io voglio farlo, il presente. Oppure no, non farlo. Farlo o non farlo. Una delle due. Adesso.
Devo scrivere un discorso da dire il primo maggio, a Parma, e volevo ripetere il discorso che faccio di solito, un elogio del riposo, che mi sembra bello, la festa del lavoro, solo che quest’anno non so se ce la faccio, perché per me, quest’anno, più che gli altri anni, è una cosa evidente, che il lavoro è l’unica salvezza, che l’unica salute è diventare matti. Vediamo.
L’altro giorno, dovevo scrivere una cosa sulla svolta della Bolognina, che dovevano dire dei ragazzi di 15-16 anni, ho chiesto alla Battaglia, che di anni ne ha 13, «Battaglia, te lo sai cos’è la sinistra, politicamente?».
E la Battaglia mi ha detto «Sì, sono i fascisti».
«Non esattamente», le ho detto io.
E ieri sera, a Bologna, prima di entrare a teatro, mi si è avvicinato un uomo mi ha detto Sono molto disoccupato, sono in bolletta dura e ha allungato una mano. Che io, l’ultima volta che l’avevo sentito, uno che diceva così, è stato dieci anni fa. Ma sei te? gli ho chiesto. Lui mi ha detto Sono molto disoccupato, sono in bolletta dura. L’ho guardato in faccia, sembrava lui, un po’ ingrassato, forse. Incontrarlo è stato più bello che andare a teatro, ieri sera. È stato quello, il teatro, una macchina del tempo, piccolina, una macchinina.
Su una saracinesca, nel centro di Bologna, c’è scritto, con un pennarello nero: La crisi? Me stag ben da mat. Che significa: La crisi? Io sto benissimo.
Dopo che l’altro giorno, al mattino, mi hanno avvisato dalla Svizzera che non riuscivano a chiamarmi al telefono e ho guardato il telefono e c’era scritto che la mia sim non era valida, adesso, al mattino, quando mi sveglio, guardo sempre se la mia sim è valida o non è valida; ci sono, tutte le mattine, quei dieci secondi che sono in dubbio di essere tagliato fuori dal mondo è una vita così interessante, la mia, al mattino.
La mia cucina tra poco cambia, e stamattina, nella mia cucina, che l’ho un po’ pulita, che deve venire il tecnico a prendere le misure precise degli attacchi, stamattina, nella mia cucina, che io avrei voluto cambiarla da quando sono venuto a abitare qui, dal 2010, e stamattina, nella mia cucina, io ho pensato che, veramente, si può cambiare, la cucina. Non siamo schiavi della nostra cucina. E è stato un pensiero stupefacente. Grazie, produttori di cucine. Buongiorno.