sabato 2 Aprile 2011
Due domeniche fa, a Castelmaggiore, che è un posto, le case tutte nuove, i balconi rotondi, gli autobloccanti, i dipinti sui muri, non graffiti, fatti bene, con una geometria ortodossa, una ballerina, rossa, una chiave di violino, verde, una colonna blu con la sagoma di una mascherina, da teatro, quella che ride, bianca, e lì di fianco, in bianco, la scritta: “Sala teatrale Biagi D’Antona”, e era anche domenica, e la domenica le cose, delle volte, è come se non avessero lo scheletro, due domeniche fa mi avevano inviato a Castelmaggiore a parlar dei film che mi piacevano, e far veder dei pezzi, Oblomov, Vogliamo vivere, Di madre in figlia, Total Balalajka show e Stalker, e il giornalista che era con me mi ha chiesto «Cosa le piace in Stalker?», e io ho risposto «Non lo so, però l’ultima volta che l’ho visto, quando son lì, nella zona, quell’area proibita, contaminata, forse, forse radioattiva, che c’è la stanza dove dicono che si realizzino i tuoi desideri, ecco io questa cosa, che nella vita me l’han detta, delle volte, “Se potessi realizzare un tuo desiderio, cosa desidereresti?” ecco questa cosa qui, che nella vita se te lo chiede uno ti vien da pensare che è infantile, e che è rimasto indietro come la coda del maiale, io l’ultima volta che ho visto Stalker, quando sono arrivato lì io ci ho pensato per davvero, a qual era il mio più grande desiderio: Tarkovskij, – ho detto, – col suo film è riuscito a far di questa cosa puerile, infantile, indietro come la coda del maiale una cosa vera, e acuta, che ti scava dentro, che supera tutti gli schermi che hai nella testa e ti tocca e questa, – ho detto, – forse, è l’arte». Continua a leggere »
sabato 26 Marzo 2011
Alle otto ho incontrato Thomas davanti all’ufficio postale di Ohlsdorf. Mi ha mostrato un libro che aveva appena ricevuto per posta, dal titolo Qualcuno che scrive. Thomas mi ha fatto notare con orgoglio la seconda pagina in cui, sotto a una citazione di Goethe, ce n’era una sua: «Non sono uno scrittore, ma qualcuno che scrive (Thomas Bernhard)».
L’etichetta di “scrittore” lo ha sempre infastidito. “Autore” lo trovava già più accettabile. Prima di avere sul passaporto la dicitura “agricoltore”, gli avevo consigliato da definirsi “lavoratore a cottimo”. Ne avrebbe diritto, visto che il suo è un lavoro a cottimo.
[Karl Ignaz Hennetmair, Un anno con Thomas Bernhard, cit., p. 157]
sabato 19 Marzo 2011
Nonostante Thomas sia tornato a casa alle quattro del mattino dopo il veglione da Paabst a Laarkirchen, era fresco come accade di rado. Ha trascorso la notte di San Silvestro con i coniugi O’Donell e l’architetto Hufnagl. Io sono andato a dormire alle 3.15 sapendo che Thomas non era ancora tornato, perché altrimenti dalla mia camera l’avrei visto svoltare verso Nathal. Avrebbe di certo suonato il clacson e avrebbe ancora fatto un salto su da noi o io giù da lui. Mi irritava che arrivasse a casa così tardi, visto che ci eravamo messi d’accordo di andare a passeggio alle dieci, così quando mi sono messo a letto ho lasciato la luce accesa in modo da fargli pensare che fossi ancora alzato, cosa che avrebbe dovuto farlo arrabbiare. Infatti Thomas mi ha poi detto che alle quattro ero ancora alzato, che aveva suonato il clacson ma che non avevo reagito. Quando gli ho detto dello stratagemma mi ha detto in tono di rimprovero: sei proprio un imbecille.
[Karl Ignaz Hennetmair, Un anno con Thomas Bernhard, il diario segreto, a cura di Claudio Groff, traduzione di Caterina Barboni, Claudia Crivellaro, Velia Februari, Claudio Groff, sl, l’ancora, 2011, pp. 8,9]