Una nota biografica

mercoledì 17 Maggio 2017

Andrea Cardoni è di Roma ed è nato nel 1981. Ha studiato antropologia e si è occupato di certe cose in Tanzania, ha scritto e fatto video su altre cose in Italia e adesso ha a che fare con un’associazione di volontariato. Ha partecipato alla scrittura del repertorio dei matti della città di Roma e ha la tessera numero 29 dell’associazione culturale To soréla entertainment.

[Andrea Cardoni, Tutti romani tutti romanisti. Il romanzo di Cesar Gomez, Milano, Marcos y Marcos 2017]

Cometesbagli?

mercoledì 21 Dicembre 2016

Registri? Che te devo dì? Io mi ricordo che andavamo allo stadio con mio figlio e stavamo vicini a Luisa, quella con l’ombrello a spicchi giallorossi. Io non gli ho mai sentito fa una polemica, tifava e basta, era una di quelle che “la Roma non si discute, si ama” e basta. Ma che registri? Ma sei del Messaggero? Insomma Luisa lei l’ombrello l’ha tenuto sempre aperto a prescindere dai presidenti, dall’allenatori, dai giocatori, dalla classifica, dalla tessera del tifoso. Ecco: noi siamo quelli come lei, quelli come Giorgio Rossi, non so se te lo ricordi Giorgio Rossi, te sei giovane, ma lui era il massaggiatore storico della Roma e dice che poco tempo fa, che era già andato in pensione, dice che una volta l’autobus s’è pure fermato e ha cambiato tratta per accompagnarlo direttamente a casa. A Giorgio Rossi. Noi siamo fatti così. Io ancora me ricordo Dante, quello che s’è inventato l’urlo “DajeRomaDaje”. Qualcuno dice pure che s’è inventato “La Roma non si discute si ama”. A me me l’ha insegnata mio zio Bruno. Ma tu Dante l’hai conosciuto? È morto l’anno dello scudetto e non ha fatto in tempo a vederlo, porello. Dice che andava allo stadio dagli anni sessanta. Si chiamava Dante… Dante? Aspetta che mi ricordo. Dante Ghirighini, ecco. Ghirighini, me pare. Dice che faceva il macellaio a Trionfale e dice che a un certo punto, erano gli anni sessanta, a una partita della Roma fa invasione di campo con un bandiera enorme. Lui andava allo stadio con la vespa: era grosso e quando passava, prima o dopo la partita, noi gli strillavamo “DajeRomaDaje” e lui rispondeva. Arrivava in curva e tutti lo salutavano. Poi faceva il discorso col vocione suo. Ogni partita beveva un sacco di caffèborghetti perché sveniva, ogni tanto, durante la partita e allora tutti che andavano a ritirallo su, lui se rinfrancava un po’ e poi ricominciava a fa il tifo. Dice che l’aesseRoma gli aveva trovato pure un posto come spazzino, pensa te. E quando è morto gli hanno parcheggiato la vespa dentro allo stadio sotto la curva sud e prima della partita, adesso non me ricordo che partita era, Totti gli ha portato i fiori e piangeva e pure noi piangevamo tutti. Insomma quell’anno là, guarda che me fai dì, l’anno dei quattro derby persi, mio figlio ciaveva diciannov’anni, la patente l’aveva presa a diciott’anni e due mesi, ancora me ricordo, la memoria è strana, ma allo stadio guidavo io, sempre con la stessa sciarpetta. La macchina la mettevamo sempre nello stesso parcheggio, sempre dallo stesso parcheggiatore, che era uno che ciaveva i baffi lunghi, e gli davamo sempre gli stessi soldi. Ma poi ste cose le metti sul Messaggero? Ma solo su internet o pure sul giornale stampato? Perché così lo compro e lo metto da parte, ma mica perché so vanitoso. Continua a leggere »