venerdì 30 Marzo 2018

A differenza della grafia musicale, la scrittura poetica presenta una gigantesca lacuna, addirittura una voragine paurosa per quanto riguarda i segni, gli accenti, le indicazioni espressive che rendono un testo intellegibile e conforme alle leggi. In poesia questa segnaletica manca, anche se i fenomeni sottintesi non sono meno precisi di quelli a cui si riferiscono le note musicali o i geroglifici della danza. Un lettore poeticamente non analfabeta mette da sé i segni corrispondenti quasi ricavandoli dal testo.
L’alfabetismo poetico non ha nulla a che fare con quello comune, ossia con il saper leggere le lettere dell’alfabeto, e neppure con una cultura letteraria. Se la percentuale dell’analfabetismo comune e letterario è molto elevata in Russia, quella dell’analfabetismo poetico è addirittura spaventosa e tanto più preoccupante in quanto l’analfabetismo poetico viene confuso con quello comune, sicché chiunque sappia leggere è considerato poeticamente alfabeta. Questa constatazione va riferita anche, e a maggior ragione, alla massa dell’intelligencija semicolta, infetta di snobismo, che ha perduto il senso originario della lingua, che è ormai completamente indifferente ai fenomeni linguistici e quindi essenzialmente aglotta, e che solletica la sua sensibilità linguistica, da tempo atrofizzata, con leggeri e dozzinali stimolanti, dubbi lirismi e neologismi, non di rado estranei e ostili agli elementi spontanei della lingua russa.
Purtroppo sono appunto i bisogni di questo ambiente linguisticamente declassato che la poesia russa corrente deve soddisfare.
[Osip Mandel’štam, Uno sfogo, in Sulla poesia, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, Bompiani 2003, p. 45]

martedì 24 Febbraio 2015

Il discorso o pensiero poetico può essere chiamato sonoro soltanto in via convenzionale; infatti ciò che udiamo è unicamente l’interferenza di due linee, una delle quali, presa da sola, è assolutamente muta, mentre l’altra, senza il sostegno del movimento delle immagini, è priva di ogni significazione e interesse e si presta alla parafrasi, sintomo certissimo, a mio vedere, dell’assenza di poesia: dove è possibile la parafrasi, le lenzuola non sono gualcite, la poesia non ha pernottato.
[Osip Mandel’štam, Discorso su Dante, in Sulla poesia, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, Bompiani 2003, p. 121]

martedì 10 Giugno 2014

Il discorso o pensiero poetico può essere chiamato sonoro soltanto in via convenzionale; infatti cioè che udiamo è unicamente l’interferenza di due linee, una delle quali, presa da sola, è assolutamente muta, mentre l’altra, senza il sostegno del movimento delle immagini, è priva di ogni significazione e interesse e si presta alla parafrasi, sintomo certissimo, a mio vedere, dell’assenza di poesia: dove è possibile la parafrasi, le lenzuola non sono gualcite, la poesia non ha pernottato.
[Osip Mandel’štam, Discorso su Dante, in Sulla poesia, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, Bompiani 2003, p. 121]

sabato 16 Novembre 2013

Divido tutte le opere della letteratura mondiale in autorizzate e non autorizzate. Le prime sono una schifezza, le seconde, aria rubata. Vorrei sputare in faccia agli scrittori che scrivono cose preventivamente autorizzate, vorrei percuoterli sulla testa con un bastone e metterli tutti a tavola nella Casa dei Letterati, ciascuno davanti a un bicchiere di tè da commissariato di polizia, e con in mano l’analisi delle urine di Gornfel’d [Arkadij Gornfel’d (1867-1941) noto critico letterario].
[Osip Mandel’štam, Sulla poesia, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, Bompiani 2003, p. 35]

venerdì 10 Maggio 2013

Leggere Dante è soprattutto una fatica interminabile, in cui ogni successo ci allontana ancor di più dalla meta. Se la prima lettura dà soltanto il fiato corto e una sana stanchezza, per quelle successive bisogna provvedersi d’indistruttibili scarponi ferrati. Senza scherzi, mi vien fatto di pensare alla quantità di suole di cuoio e di sandali che Dante deve aver consumato durante la sua fatica poetica, peregrinando sui sentieri da capra dell’Italia.
[Osip Mandel’štam, Discorso su Dante, in Sulla poesia, traduzione di Maria Olsoufieva, Milano, Bompiani 2003, p. 121]