I piedi

sabato 2 Aprile 2016

soutine

«Stasera berremo il più possibile,» disse lui. «Sono ricco straricco. Credo anzi che dovrò comprare altre bottiglie. Quante ne prendo?»
«Altre sei», disse il ragazzo. «Due per uno».
«Bene, vado a prenderle.»
«Ti accompagno.»
Comprò altre sei bottiglie nel café più vicino e insieme se le portarono allo studio. Le allinearono a terra in doppia fila, poi lui andò a prendere il cavatappi e le stappò, tutt’e sei. Dopodiché sedettero e ripresero a bere.
«Solo i ricchi, i veri ricchi», osservo lui, «possono permettersi di festeggiare in questo modo».
«Verissimo», disse il ragazzo. «Non trovi, Josie?»
«Certo.»
«Come ti senti, Josie?»
«Benissimo.»
«Vuoi lasciare Drioli e sposare me?»
«No.»
«Magnifico vino», disse lui, Drioli. «Berlo è da privilegiati.»
Lentamente, metodicamente, stavano avviandosi alla sbronza. Un processo più o meno solito, e tuttavia c’era un certo riturale da rispettare, una certa serietà da mantenere e una quantità di cose da dire. E in più il vino andava lodato; e anche la lentezza in cui tutto avveniva era importante, affinché ci fosse tutto il tempo per godersi i tre stadi della transizione, specialmente (per lui, Drioli) quello nel quale cominciava a fluttuare nell’aria e i piedi non se li sentiva più. Era lo stadio migliore di tutti, quando si guardava i piedi e questi gli sembravano così lontani, staccati, da chiedersi a quale pazzo folle appartenessero mai e perché se ne stavano là a terra, così lontani.

[Roald Dahl, Storie impreviste e altre storie ancora più impreviste, traduzione di Attilio Veraldi, Milano, Garzanti 2000, pp. 99-100]