Verissima

domenica 7 Giugno 2015

W. Somerset Maugham, Storie ciniche

«C’è una storia che ti devo raccontare».
Ecco, ci mancava.
«Preferirei che mi parlassi di te, piuttosto» risposi. «O di me, se vuoi».
«Sì, ma questa devo proprio raccontartela. Penso che potrebbe tornarti utile».
«Be’, se è indispensabile… Ma prima diamo un’occhiata al menu».
«Ma come, non ti interessa?» disse lei, un po’ delusa. «Pensavo ti avrebbe fatto piacere».
«Poteva andarmi peggio: pensa se tu avessi scritto una commedia e me la volessi leggere».
«È una vicenda capitata a degli amici. È verissima».
«Non è una credenziale. Una storia vera è sempre meno vera di una inventata».
«Che cosa vuol dire?».
«Niente, in fondo» ammisi. «Ma mi pareva che suonasse bene».

[W. Somerset Maugham, Storie ciniche, traduzione di Vanni Bianconi, Milano, Adelphi 2015, pp. 119]

Et ta soeur

sabato 6 Giugno 2015

W. Somerset Maugham, Storie ciniche

Quindi il segretario particolare invitò Madame Saladin e la nipote a una cena dove avrebbero potuto fare la conoscenza del senatore, il quale a sua volta avrebbe avuto modo di giudicare se Mademoiselle Lisette fosse effettivamente idonea per il grande schermo. Madame Saladin rispose che avrebbe chiesto alla nipote, ma che per quanto la riguardava la proposta sembrava ragionevole.
Quando Madame Saladin riferì l’invito a Lisette, precisando rango, rispettabilità e importanza del generoso ospite, la giovane scrollò le belle spalle con aria sdegnosa.
«Cette vielle carpe» fu il suo commento, la cui traduzione, non proprio letterale, sarebbe: «Quel pesce lesso».
«Cosa importa se è un pesce lesso, se ti offre la parte?» chiese Madame Saladin.
«Et ta soeur» disse Lisette.
Quest’espressione, che significa «tua sorella» e suona del tutto innocua e perfino incongrua, è di fatto un tantino volgare e viene utilizzata dalla fanciulle beneducate solo come frase a effetto. Esprime la più veemente incredulità, e l’unica traduzione esatta nel parlar materno è troppo volgare per la mia casta penna.

[W. Somerset Maugham, Storie ciniche, traduzione di Vanni Bianconi, Milano, Adelphi 2015, pp. 60-61]