Sempre la moglie e la paura della guerra

domenica 25 Gennaio 2015

Quasi tutte le volte che sono in un albergo, quando esco, al mattino, dopo dieci minuti che sono uscito mi fermo di colpo, apro la borsa, comincio a frugarci dentro perché mi è venuto in mente che mi sono scordato nella stanza d’albergo il caricatore del telefono. E intanto che frugo mi immagino che telefono in albergo e gli dico di cercare, per cortesia, nella stanza 207 che ho lasciato lì il caricatore del telefono e se me lo possono mandare, a carico del destinatario, a casa mia a Casalecchio di Reno. E subito dopo penso che probabilmente non lo troveranno e mi vedo, la mattina dopo, a Bologna, a entrare nel negozio della Apple, andare al primo piano, comprare un caricatore e pagare col bancomat. Quanto può costare? mi chiedo nella mia testa, e mi immagino che costi intorno ai venti euro, secondo me, massimo trenta, e mi sono appena detto così che trovo il caricatore e son così contento.
E dopo mi chiedo Ma io, quel momento lì che mettevo il caricatore dentro la borsa, cosa stavo pensando?
E mi viene in mente un passo dei diari di Tolstoj citato da Šklovksij, quando Tolstoj, non mi ricordo in che data, in un giorno qualunque del XIX secolo, racconta di quando ha messo in ordine nella sua stanza, e scrive:

«Con lo straccio della polvere in mano feci il giro della mia camera; ma quando arrivai al sofà non sapevo più se lo avessi già spolverato o no. Poiché nello spolverare i movimenti sono abituali e inconsci, non riuscivo a ricordarmi se li avevo giù compiuti e sentivo per di più che non sarei mai riuscito a ricordarmelo. Se ho spolverato e poi ho dimenticato di averlo fatto, – scrive, – cioè se ho agito inconsapevolmente, è proprio come se non fosse successo niente… Se la vita di molti uomini con tutta la sua complessità, scorre inconsapevolmente, allora è come se non ci fosse stata».

«Così, – commenta Šklovksij, – la vita passa, si annulla. L’automatizzazione inghiotte tutto: cose, abiti, mobili, la moglie e la paura della guerra. Se la vita di molti uomini, con tutta la sua complessità, scorre inconsapevolmente, allora è come se non ci fosse stata».

Condizione

martedì 11 Novembre 2008


Nel libro Fuori orario dentro l’anima, di Franco Bassi, c’è un passo in cui si racconta di quando i soci del Fuori orario, all’inizio, dovevano riempire il circolo di roba:

Cominciarono anche i giorni in cui si viaggiava per strada guardandoci intorno come se non avessimo mai visto ciò che ci circondava. E forse era vero. Tutto poteva fare al caso nostro: a parte una casa diroccata, per i mattoni, o una vecchia stalla, anche un pezzo di ferro particolare, un segnale stradale, un vagone…

A leggerlo viene in mente che quella condizione lì, che guardi le cose che ti son familiari come se non le avessi mai viste, è quella auspicata da Viktor Šklvoskij in un articolo del 1917, L’arte come procedimento, e secondo Šklovskij è, non so come dire, la condizione che se tu ti ci metti poi magari scrivi delle cose che valgon la pena.