6 dicembre – Rai 3
Sabato, 6 dicembre,
a Rai 3,
a Che fuori tempo che fa,
non so esattamente a che ora,
ma tra le 20 e 10 e le 21 e 30,
grossomodo,
si parla,
con Fabio Fazio,
di Siamo buoni se siamo buoni
Sabato, 6 dicembre,
a Rai 3,
a Che fuori tempo che fa,
non so esattamente a che ora,
ma tra le 20 e 10 e le 21 e 30,
grossomodo,
si parla,
con Fabio Fazio,
di Siamo buoni se siamo buoni
Giovedì 4 dicembre,
a Roma,
alla fiera della piccola editoria,
alla Sala Rubino,
tra le 17 e le 18
Siamo buoni se siamo buoni.
Martedì 2 dicembre,
a Torino,
al Circolo dei lettori,
in via Bogino, 9
alle 21,
Siamo buoni se siamo buoni.
E un mattino, per radio, ascoltavo molto la radio, intanto che lavoravo, e un giorno dicevan per radio che la produzione industriale era al livello del 1999, e io me lo ricordavo, il 1999, e, devo dire, non si stava male.
[mi hanno avvisato stamattina che si ristampa Siamo buoni se siamo buoni ]
Ieri da Amazon mi è arrivata una mail che mi proponevano di comperare Siamo buoni se siamo buoni, La banda del formaggio, Bassotuba non c’è e La Svizzera. Le inventano tutte, ho pensato.
Mercoledì 26 novembre,
sulla rete due della
Radio Svizzera Italiana,
(il link dovrebbe essere qui:
Clic),
alle 11 e 35,
si parla,
con Mariarosa Mancuso,
di Siamo buoni se siamo buoni.
Giovedì 20 novembre,
a Parma,
alla libreria Chourmo,
in via Imbriani, 56,
alle 18 e 30,
Siamo buoni se siamo buoni
Martedì 11 novembre,
alle 8 e 40,
dentro Lateral,
su Radio Capital,
con Luca Bottura
si parla di
Siamo buoni se siamo buoni.
sabato 18 ottobre,
a Milano,
ai FRIGORIFERI MILANESI,
sala Binario,
in via Piranesi 10,
alle 21 e 30,
Siamo buoni se siamo buoni,
ingresso gratuito,
si consiglia la prenotazione
(02.29515688 o
andareinlibreria[@]marcosymarcos.com)
1 Ci sono scrittori che della propria vita hanno fatto letteratura. Tu sull’ambiguità dell’autobiografismo hai costruito una carriera. Ma su una cosa non ci piove, quando avevi in uscita “La banda del formaggio” sei stato investito e ti abbiamo dato per morto. Tornato alla vita cosa è cambiato nel tuo lavoro?(non nella tua vita)
Dopo l’incidente facevo le stesse cose di prima, sia nel lavoro che nella vita, ma erano cose alle quali non ero più abituato, ed erano tutte un po’ stupefacenti, anche prendere un autobus (e, a pensarci, se in ospedale mi avessero chiesto Cosa vuoi fare quando esci?, io avrei risposto Prendere un autobus). E come Ermanno, il protagonista di questo libro, avevo l’impressione che quel che facevo tutti i giorni, dal mattino quando mi svegliavo alla notte quando andavo a letto, fosse estremamente importante e mi sbagliavo, perché io faccio una vita insignificante, ma era uno sbaglio che avrei voluto continuare a sbagliarmi finché stavo al mondo.
2 Te lo chiedo perché a me sembra che non sia cambiato né lo stile, né il flusso dei pensieri, né il ritmo. Eppure immagino che uno che è sopravvissuto a due brutti incidenti qualcosa di diverso la deve pure pensare. Oltre che essere dato in fin di vita giova alle vendite.
Credo che il picco della mia popolarità coincida con il giorno in cui si è diffusa la voce che ero morto e la cosa, non so perché, mi sembra molto sensata.
3 Perché hai abbandonato Learco per Ermanno, avevi bisogno di un altro alter ego?
Ho scritto sette libri nei quali chi parlava si chiamava Learco Ferrari. Ho smesso perché era diventato un impaccio, era come se mi obbligasse a star dentro dei pensieri che non eran più quelli intorno ai quali giravano le storie che volevo raccontare. Questo Siamo buoni se siamo buoni è il secondo nel quale parla Ermanno Baistrocchi e credo sarà l’ultimo, mentre mi sembra che potrebbe venirne fuori uno il cui protagonista sarà Cianuro, che qui è un personaggio secondario.
4 Nel tuo stile contano molto la punteggiatura e le ripetizioni. Alcune frasi sembrano delle filastrocche. Come funziona, quando scrivi ti leggi e rileggi? Cosa viene per te prima: il ritmo, il suono o la parola?
Vengono un po’ insieme; quando leggo, e quando scrivo, anche le mail e gli sms, e anche adesso, muovo le labbra, come quelli che non son capaci. È come se il significante (il suono) e il significato (il senso) vivessero insieme, e ogni minimo cambiamento dell’uno comportasse un cambiamento anche nell’altro.
[Intervista a Brunella Schisa, uscita oggi sul venerdì di Repubblica]