Una cosa che si ricorda bene

giovedì 22 Dicembre 2022

Venevìtinov, poeta complesso e curioso, morì a 22 anni, e da allora di lui si ricorda bene solo una cosa: che è morto a 22 anni.

[Jurij Tynjanov, Chlebnikov, in Avanguardia e tradizione, traduzione di Sergio Leone, Bari, Dedalo libri 1968, p. 28

Il poeta Mariengof

giovedì 5 Maggio 2022

Ossignore, pof, pof, pof,
C’è il poeta Mariengof.
Molto beveva, molto mangiava,
Senza mutande in giro andava.

[Anatolij Mariengof, Romanzo senza bugie, traduzione di Sergio Leone, Roma, e/o 1986, p. 79]

Una libreria vuota

venerdì 15 Giugno 2018

Anatolij Mariengof, Romanzo senza bugie

Ancora ai tempi della libreria, quadri e incisioni rare cominciarono ad abbandonare le pareti dell’appartamento di Aleksandr Malent’evič. E dopo poco cominciarono a diradarsi i libri sugli scaffali.
Accadde che per quasi un anno non andai a casa sua. Quando entrai il mio cuore si mise la coda tra le zampe e cominciò a guaire: per un uomo che vive di libri, avere la libreria vuota è come tenersi in casa un cadavere.

[Anatolij Mariengof, Romanzo senza bugie, traduzione di Sergio Leone, Roma, e/o 1986, pp. 54-55]

Polivanov

mercoledì 13 Giugno 2018

C'era una volta

Dietro gli alberi non ho visto il bosco. E sì che riuscii a vedere persone che avevano saputo staccarsi dal passato. Come Evgenij Dmitrievič Polivanov. Parente di Lobačevskij, prima della rivoluzione conservatore, si cambiò nella rivoluzione.
Nella sua giovinezza pensava che nulla gli fosse precluso. Una volta mise una mano sui binari sotto un treno in movimento: lo scopo era quello di superare Kolja Krasotkin dei Fratelli Karamazov, quel ragazzo era rimasto sui binari.
Evgenij Dmitrievicč non ritirò la mano, la ruota gliela troncò, i fanciulli fuggirono. Polivanov si alzò, prese la mano tagliata per le dita e se ne andò con essa. Mi raccontò poi come i cocchieri, frustando i cavalli, si allontanassero con terrore da lui.

[Viktor Šklovskij, C’era una volta, traduzione di Sergio Leone, Milano, Il Saggiatore 1968, p. 211-212]

Due monumenti

mercoledì 17 Maggio 2017

Dostoevskij utilizzò ne Il villaggio di Stepančikovo tutti i mezzi della parodia verbale. Viene parodiato lo stesso vocabolario della Corrispondenza [di Gogol’]. «Oh, non fatemi un monumento! – gridava Foma, – Non fatemelo! Non mi occorrono monumenti! Nei vostri cuori erigetemi un monumento, ma non occorre nulla di più, non occorre, non occorre!»
In Gogol’: «Desidero che non sia eretto sopra di me nessun monumento e che non si pensi neanche ad una simile pompa, indegna di un cristiano. Chi dei miei amici m’ebbe veramente caro mi erigerà un monumento in modo diverso: lo erigerà dentro se stesso, con la sua incrollabile fermezza nelle opere vitali, con l’animare e rinnovare tutti intorno a sé. Chi, dopo la mia morte, si eleverà con lo spirito più in alto di quel che era durante la mia vita, dimostrerà di avermi veramente amato e di essermi stato amico e con ciò solo mi erigerà un monumento»…

[Jurij Tynjanov, Dostoevskij e Gogol’ (per una teoria della parodia), in Avanguardia e tradizione, traduzione di Sergio Leone, Bari, Dedalo libri 1968, p. 168]

La biografia e la poesia

sabato 13 Maggio 2017

La biografia di Chlèbnikov è la biografia di un poeta al di fuori della letteratura libresca e giornalistica, di un poeta a modo suo felice, a modo suo sfortunato, ironico, misantropo e socievole; e si concluse in modo terribile. Essa legata con la sua personalità poetica.
Per quando strana e sorprendente sia stata la vita del vagabondo e del poeta, per quanto terribile sia stata la sua morte, la biografia non deve soffocare la sua poesia. Non bisogna sbarazzarsi di un uomo con la usa biografia. Nella letteratura russa questi casi non sono rari. Venevìtinov, poeta complesso e curioso, morì a 22 anni, e da allora di lui si ricorda bene solo una cosa: che è morto a 22 anni.

[Jurij Tynjanov, Clebnikov, in Avanguardia e tradizione, traduzione di Sergio Leone, Bari, Dedalo libri 1968, p. 289]

Un altro cappotto

martedì 21 Marzo 2017

Anatolij Mariengof, Romanzo senza bugie

[Stasera, alla scuola elementare di scrittura emiliana e letteratura russa, per provare a raccontare come mai, in Russia, uno scrittore, nel XIX e XX secolo, erano tanto importanti, ho letto questo pezzo di un romanzo del poeta russo Anatolij Mariengof, ambientato a Mosca sul finire degli anni 10 del novecento]

Sto tornando a notte inoltrata dalla casa d’un amico. Nel cielo una nube come un lavabo di ferro col rubinetto rotto d’una casa di campagna: butta giù una pioggia maledetta, continua, ininterrotta.
I marciapiedi della Tverskaja sono neri, lucidi come il mio cilindro. Mi appresto a svoltare nel vicolo Kozickij. D’un tratto dall’altro lato della strada sento:
– Straniero, fermati!
Gli ingenui erano stati ingannati dal mio cilindro e dal cappotto di sartoria.
Cinque uomini si scostarono dal muro.
Mi fermo.
– Cittadino straniero, i suoi documenti!
Un cocchiere col suo vecchio cavallo arrancava sulle pozzanghere del selciato irregolare. Guardò dalla nostra parte, e via, frustando il suo bucefalo che partì a razzo: non era mica stupido. Nei pressi del caffè Lira, all’angolo del vicolo Gnezdnikovskij, un guardiano sonnecchia nella sua giacca rossa. Un attimo e già sgattaiola nella viuzza, e chi s’è visto s’è visto.
Non un’anima viva. Non un cane randagio. Non un pallido lampione. Chiedo:
– In base a quale diritto, compagni, volete i miei documenti? Avete il mandato?
– Il mandato?…
E un ragazzo col berretto da studente e il viso pallido e sciupato, come un cuscino non sprimacciato dopo la notte, agitò davanti al mio naso un revolver:
– Ecco il mandato, cittadino!
– Ma allora volete il cappotto, non i documenti!
– Grazie a Dio, l’ha capita…
E come per aiutarmi a togliermi i paramenti, il ragazzo dal viso sciupato si appostò dietro di me, come il portiere di un buon albergo.
Provai a scherzare. Ma non era il momento. Il cappotto me l’avevano appena confezionato. Di buon taglio, stoffa inglese di ottima qualità.
Il viso sciupato mi guardava malinconicamente.
E quando, scoraggiato al massimo, già mi stavo sfilando le maniche, in mio aiuto giunse puntualmente l’amore senza confini dei russi per l’arte.
Uno della cordiale compagnia, dopo avermi osservato, chiese:
– E come ti chiami, cittadino?
– Mariengof…
– Anatolij Mariengof…
Piacevolmente sorpreso dalle dimensioni della mia fama, ripetei con orgoglio:
– Anatolij Mariengof!
– L’autore di Magdalena?
In quell’istante fortunato e magico della mia vita non solo ero pronto a consegnare loro il cappotto di sartoria, ma ad aggiungervi spontaneamente pantaloni, scarpe di vernice, calzini di seta e fazzoletto.
Nonostante la pioggia! Nonostante non fosse molto dignitoso tornare a casa in mutande! Nonostante l’equilibrio spezzato del nostro bilancio! Nonostante! Mille volte nonostante! E tuttavia quanto è complesso, appetitoso, prelibato il lauto pasto per l’ambizione dell’ingordo Falstaff che abbiamo dentro di noi!
Occorre dire che i miei conoscenti notturni non toccarono il cappotto, il capo che aveva scoperto in me Mariengof si profuse in mille scuse, mi accompagnarono amabilmente fino a casa e, nel salutarli, strinsi loro forte le mani e li invitai alla Stalla di Pegaso ad ascoltare le mie nuove composizioni.

[Anatolij Mariengof, Romanzo senza bugie, traduzione di Sergio Leone, Roma, e/o 1986, pp. 31-32]

Cosa diceva Nikolàj Ivànovič

giovedì 5 Gennaio 2017

C'era una volta

Nikolàj Ivànovič mi diceva: l’uomo per la struttura dei labirinti delle orecchie è adatto a camminare su una corda e a fare su una corda tutto quello che fa a terra, ma di questo non è informato, bisogna renderlo edotto.

[Viktor Šklovskij, C’era una volta, traduzione di Sergio Leone, Milano, Il Saggiatore 1968, p. 132]

Quello che manca

martedì 23 Agosto 2016

C'era una volta

Sergèj Michàjlovič Èjzenštejn diceva che nella vita la verità esiste sempre, ma è la vita che solitamente manca.

[Viktor Šklovskij, C’era una volta, traduzione di Sergio Leone, Milano, Il Saggiatore 1968, p. 216]

Viktor Šklovskij e le barbabietole

sabato 23 Luglio 2016

C'era una volta

Sono più di cinquant’anni che scrivo, e tanto più scrivo, tanto più chiaramente so ch’è difficile scrivere. Bisogna leggere. /…/
Bisogna leggere in modo vario, bisogna allargarsi, cercarsi in diverse strade e bisogna sapere soprattutto che non ci si può appiccicare agli altri. /…/
La letteratura è passato e presente.
Il moto della letteratura è interrotto dai nuovi compiti che l’umanità si pone davanti.
Allora tutto cambia.
Anche tu devi saper porre le domande al tempo e reinterpretare ciò ch’è stato fatto.
Prima seminavano la barbabietola per mangiarne le foglie come una verdura, poi capirono che la barbabietola è una radice commestibile.
In epoche diverse sono necessarie cose diverse. Se tu e la tua epoca porrete all’umanità la domanda necessaria, il vento o gli uccelli ti prenderanno in volo, oppure, come Nataša Rostova, ti stingerai le ginocchia al petto, le afferrerai e in una notte di luna volerai nel cielo.

[Viktor Šklovskij, C’era una volta, traduzione di Sergio Leone, Milano, Il Saggiatore 1968, p. 222]