Perché scrivi

lunedì 23 Novembre 2015

Il quarto compito della scuola elementare gialla, nera, del terrore e del brivido (con esercizi pratici) era: Perché scrivi? E Nicoletta Bianconi l’ha risolto così:

Io quella cosa lì ho cominciato a farla da molto giovane, anzi da piccola, perché mi piaceva scrivere delle cose che avessero 10 lettere o 20 o 30 o 40 e così via, delle cose che io chiamavo perfette e che mi facevano stare bene.

E poi non sapevo disegnare, e per descrivere le cose che volevo descrivere dovevo usare le parole invece dei colori.

E adesso questa cosa qui di prendere un quaderno e di scrivere mi viene sempre da fare anche se forse sarebbe meglio che smettessi, perché dopo, quando leggo le cose che ho scritto, non mi piacciono mai e rimango male.

E allora mi immagino un gruppo di auto aiuto per persone come me, un gruppo di gente che non riesce a smettere pur non combinando niente di buono.
Mi immagino la mia prima volta, Diamo il benvenuto alla nostra nuova amica Ciao Nicoletta! Ciao, ciao, benvenuta. Allora hai voglia di raccontarci come hai cominciato? Ho cominciato da piccola, ero alle elementari e la maestra Rosanna Monari mi diceva sempre che ero brava che dovevo scrivere, e io scrivevo, scrivevo…

Mi diceva che dovevo fare il Liceo Classico, anche alle medie mi dicevano che dovevo fare il Liceo Classico, poi al Liceo Classico mi dicevano ma cosa sei venuta a fare?
E io volevo dire, scusate, scusate tutti, ho sbagliato io, hanno tanto insistito che venissi qua, mi hanno fatto credere che fosse una scuola di scrittura, mi hanno detto che qui mi insegnavano a scrivere, scusate tanto.

E poi dopo del tempo mi immagino che sempre in questo gruppo una sera io dico: Oggi sono 10 settimane che non prendo una penna in mano e tutti mi applaudono, brava brava! Tieni duro! Non sei sola!

E poi mi immagino appiccicata alle vetrine delle cartolerie, mentre mi guardo intorno, entro, annuso il profumo dei quaderni nuovi, tocco le matite e poi un respiro profondo, esco di corsa senza salutare.

Perché scrivi

venerdì 20 Novembre 2015

Il quarto compito della scuola elementare gialla, nera, del terrore e del brivido (con esercizi pratici) era: Perché scrivi? E Graziano Santoro l’ha risolto così:

Intanto, non scrivo. Non ho mai pubblicato niente e le uniche cose che ho scritto in pratica sono i compiti che ho fatto per le scuole di scrittura che ho frequentato in questi anni. Scuole di scrittura che in realtà non ho frequentato perché voglio diventare uno scrittore, cosa a cui non ho mai pensato, ma piuttosto per fare un’esperienza di formazione personale basata su una pratica creativa.
Bene, potrebbe dirmi uno, Però, anni? Quanti anni? E quanti compiti hai fatto in questi anni? E quante scuole hai frequentato? E quanto ti sono costate?
E io risponderei che nell’arco di quattro anni ho partecipato alla scuola elementare, poi ho fatto due volte le medie, poi la scuola russa e adesso quella sui gialli, che sono in tutto cinque, per un totale di (finora) 38 compiti (incluso il presente), e nello specifico 10 alla elementare, 8 due volte alle medie, per un totale parziale di 16, poi 8 alla russa, e 4 adesso a quella dei gialli. Tutto per un costo complessivo di 1.050 euro, ovvero, 250 per la elementare, 200 due volte per le medie, cioè 400 in tutto, poi 200 per quella russa e 200 adesso per questa dei gialli.
Bravo, potrebbe allora replicarmi quello, e finora con queste scuole hai fatto 38 compiti e speso oltre mille euro e in vita tua non hai mai pensato di fare lo scrittore?
No, confesserei io, veramente nutro il sogno segreto di diventare uno scrittore da quand’ero ragazzo proprio, ragazzino anzi, da quando andavo alle medie, mi ricordo. E questo innanzi tutto secondo me per una manifestazione del mio ego ipertrofico (che ho ricordi e testimonianze a profusione sul fatto che si palesasse già in età pre-adolescenziale). Cioè io credo di avere dentro una parte di me che vorrebbe essere presa un po’ come oggi si prende uno come Saviano. Si parla di camorra? sentiamo cosa dice Saviano, e va bene. Però poi: si parla di Sud? sentiamo cosa dice Saviano; si parla di medioriente, adesso ci spiega Saviano chi ha torno e chi ha ragione; si parla di ambiente, adesso Saviano ci dice cosa dobbiamo fare per garantire un futuro ai nostri figli, e sul PD, cosa ci dice Saviano sul PD? e cosa ne pensa dell’ultimo film che è uscito? E cosa si mangia stasera? Mo chiediamo a Saviano. Ecco, c’è da vergognarsi lo so, ma io sono cresciuto male, e sicuro c’è una parte di me, da cui però tengo a specificare che io mi dissocio, che aspira alla gloria, alla fama, alla considerazione.
E non è neanche la peggiore. Perché c’è poi quella a cui invece, come si dice, non fanno schifo i soldi. E questa parte ogni tanto si chiede: Ma che conto in banca deve avere uno ad esempio come Baricco, che vende un sacco di libri, che sui suoi libri ci fanno i film, che ha una scuola di scrittura rinomatissima, che esce in televisione e scrive sui giornali, e se ad esempio un quotidiano come Repubblica fa un’iniziativa a Bologna a lui, Baricco, lo fanno parlare una sera su un palco in piazza Santo Stefano. Certo poi ci possono sempre essere in fondo alla piazza due tre persone che magari si stanno dicendo fra loro “Ma è ridicolo, ma cosa sta dicendo? ma vedilo come si atteggia, ma è imbarazzante, ma non si vergogna?” però, come si sa, non è che si può risultare simpatici a tutti. L’importante, pensa questa mia altra parte, ma io mi dissocio anche da lei, è avere i bonifici come quelli che riceve Baricco.
E poi c’è un’ultima parte, che è quella da cui mi dissocio con più fermezza, che mi spinge a fare lo scrittore per la figa, vi chiedo scusa, e questo da quando ho sentito dire a uno scrittore famoso che quando raccontava che era andato in Russia a studiare il russo, poi in Italia ci scappava qualche fiondata, come dice lui.
E alla fine questi sono i tre motivi per cui vorrei fare lo scrittore: la gloria, i soldi e la figa.
Ma un momento, io non è vero che non ho mai scritto niente, anzi adesso che ci penso ho anche pubblicato. Io ho partecipato alla redazione collettiva di un libricino pubblicato dalla Marcos y Marcos, che è una bella e importante casa editrice di Milano, che si chiama Repertorio dei matti della città di Bologna, che ha già avuto diverse ristampe, è stato presentato più volte a Bologna e in provincia, e la prossima primavera sembra che ci facciano su uno spettacolo.
Bravo, potrebbe allora dirmi quello di prima, e poi potrebbe chiedermi: e com’è cambiata adesso la tua vita?
E io risponderei che, dunque, per quanto riguarda la gloria, non so perché ma mi viene in mente Silvana, che l’altra sera quando se n’è andata da casa mia l’ultima cosa che ha detto non è stata “Ciao” ma “Mi sono stancata di ascoltare le tue solite cazzate”, e va bene che avevamo discusso e magari era un po’ agitata, però a me più di tutto fa riflettere il fatto che abbia voluto usare il termine “solite”, il che, siccome ci conosciamo da prima della pubblicazione del libro sui matti, mi fa pensare che questo evento non si può dire abbia contribuito a rivalutare le mie tesi agli occhi di Silvana. E questo per quanto riguarda la gloria.
Rispetto al conto in banca invece mi tocca rilevare che per partecipare al corso per la redazione del libro ho speso 200 euro, in più dopo ho comprato dieci copie del libro a metà prezzo, cioè per una spesa di 50 euro, sfruttando una promozione che la casa editrice ha riservato ai redattori del libro, un vantaggio che però avrei dovuto sfruttare meglio, visto che dopo, uno alla volta, di copie del libro da regalare ne ho comprate altre 18, e tutte a prezzo intero, cioè 10 euro, per una spesa complessiva di altri 180 euro, che sommati ai 50 dei primi libri e ai 200 del corso fanno in totale 430 euro, che è quanto finora mi è costato pubblicare il libro. E non è finita, visto il tono che mi ha usato Federica l’altra sera quando mi ha incrociato dopo mesi e mi ha detto “Sto ancora aspettando il libro!”, e poi mancano ancora Filippo e Loris, che a loro glielo devo regalare per forza che gliel’avevo promesso, per cui se va bene mi fermerò a 460 euro, che se provo a sommare a quanto ho speso per i corsi di scrittura, non ci voglio neanche pensare. E questo con riferimento ai soldi.
Infine, per quanto concerne la figa, dico solo che questa estate, dopo la presentazione del libro dei matti alle Serre dei Giardini Margherita, io stavo scambiando due chiacchiere col curatore del libro e si è avvicinata una ragazza che bisogna dire era veramente carina, e questa ragazza gli ha chiesto un autografo a lui, al curatore del libro, e mentre lei era lì che gli porgeva il libro aperto e la penna io stavo per dirle “Oh, guarda che il libro l’ho scritto io, cosa stai a chiedere un autografo al curatore?”, ma dopo ho pensato che era meglio se lasciavo perdere.
E mi sa che è meglio se lascio perdere anche con la scrittura.

L’irruzione della psicologia e il brutto tempo

mercoledì 28 Ottobre 2015

Il primo compito della scuola elementare gialla, nera, del terrore e del brivido (con esercizi pratici) era: descrivete in 5 righe che cos’è un libro giallo, nero, del terrore o del brivido. E Paolo Ricci l’ha risolto così:

– Il libro giallo è un genere letterario figlio dell’illuminismo, nel quale prevale un paradigma razionalistico ed empirista. Un fenomeno (in genere un delitto) è analizzato attraverso gli strumenti della ragione (ossia osservazione, deduzione, logica, sintesi) e chiarito attraverso il processo cognitivo tipico del pensiero scientifico ossia la spiegazione unica (manifestando cioè origine, causa, costituzione e leggi che ne regolano il processo).

– Nel noir al paradigma dominante razionalistico/empirista che troviamo anche nel giallo si aggiungono elementi nuovi e destrutturanti ossia l’irruzione della psicologia e il brutto tempo. L’aspetto delittuoso (in genere un omicidio o più omicidi) prevale sull’aspetto investigativo (spesso il protagonista brancola nel buio sotto la pioggia prima di arrivare alla soluzione) mantenendo comunque l’aspetto conclusivo della spiegazione. (Momento di crisi dell’illuminismo, i lumi della ragione vengono in parte oscurati)

– Nel genere mistero il pensiero scientifico non è più in grado di ridurre ad una spiegazione unica la complessità dei fenomeni presentati (in genere non sempre rientranti nella categoria empirica) dimostrando tutti i limiti di tale processo cognitivo. C’è una vittima o non c’è una vittima? e se c’è una vittima che fine ha fatto? e l’assassino è stato preso o non è stato preso? e se è stato preso siamo sicuri che sia davvero lui? Si apre un nuovo paradigma ermeneutico che apre il discorso alle possibilità di senso invece di chiuderlo alla soluzione unica.

(Momento di superamento. Siamo forse finalmente giunti al capolinea di questo maledetto illuminismo)