Proteggersi

sabato 26 Ottobre 2019

il destino avrebbe voluto che tutte le donne della sua vita, a cominciare per l’appunto da sua madre, e da sua sorella Irene, per proseguire via via con amiche, fidanzate, colleghe, mogli, figlie, tutte, ma proprio tutte, sarebbero sempre state governate da disparate tipologie di terapia analitica, dandogli conferma sulla sua pelle di figlio, fratello, amico, fidanzato, collega, marito e padre, di una sua primitiva intuizione: la “psicoanalisi passiva” era molto dannosa. Nessuna di loro, però, se ne preoccupava, nemmeno quando lui ebbe cominciato a lamentarsene. Danni, gli veniva detto, ne crea qualsiasi famiglia, e qualsiasi tipo di rapporto, in chiunque; considerare la psicoanalisi più responsabile della – poniamo – passione per gli scacchi, era un pregiudizio. Forse avevano addirittura ragione, ma il prezzo che Marco Carrera era destinato a pagare per quei danni lo avrebbe sempre fatto sentire in diritto di pensarla in quel modo: la psicoanalisi era come il fumo, non bastava non praticarla, bisognava anche proteggersi da chi la praticava. Solo che l’unica maniera conosciuta per proteggersi dalla psicoanalisi altrui era andare a propria volta in analisi, e lui su questo non intendeva mollare.

[Sandro Veronesi, Il colibrì, Milano, La nave di Teseo 2019, pp. 46-47]

Terza mossa

martedì 7 Giugno 2016

veronesi un dio ti gurada

Terza mossa: conquistare l’Africa. Tanto appassionatamente gridò al mondo la propria africanità – e credibilmente, visti i guai che aveva passato per essersi rifiutato di andare a combattere contro un paese del terzo mondo – che quando Foreman arrivò all’aeroporto di Kinshasa gli zairesi rimasero stupiti nel constatare che era nero anche lui: credevano fosse bianco. Del resto, una fatalità occorse a ritrasformarlo immediatamente in bianco, poiché sbarcò dall’aereo insieme al suo amatissimo pastore tedesco, e i pastori tedeschi erano i cani-poliziotto usati dall’esercito belga durante l’occupazione coloniale, ragion per cui, nel cuore degli spettatori che avrebbero riempito lo stadio, si sarebbe trattato di un match tra un figlio dell’Africa, e il simbolo del colonialismo.

[Sandro Veronesi, Un dio ti guarda, Milano, La nave di Teseo 2016, pp. 151-152]