Abbattere un monumento non è semplice come sembra
Ecco l’intervista di un giornalista del quotidiano Kayan di Teheran a un uomo che ha abbattuto le statue dello scià:
Da anni e anni il giovane scià non faceva che erigere statue in onore suo e del padre, per cui ce n’era un bel po’ da abbattere.
D. Le ha abbattute tutte?
R. Sì, non è stato difficile. Al rientro dello scià dopo il colpo di stato non c’era più un solo monumento a Pahlavi. Ma lui cominciò immediatamente a farne eriger dei nuovi, a se stesso e al padre.
D. Vuol dire che voi li tiravate giù, lui li ricostruiva, voi li tiravate giù di nuovo e via di seguito?
R. Sì, proprio così. Roba da far cascare le braccia. Ne distruggevamo uno, e lui ne costruiva tre; ne distruggevano tre, e lui ne tirava su dieci. Non se ne veniva mai a capo. /…/ Nel ’79, durante l’ultima rivoluzione, ci si vollero immischiare anche i dilettanti, per cui purtroppo ci furono molti incidenti: più d’uno ci rimase sotto. Abbattere un monumento non è semplice come sembra. Ci vogliono pratica e professionalità. Bisogna stabilire di che materiale è fatto, il peso, l’altezza, se all’intorno è saldato o cementato, in che punto attaccare la fune, in che direzione fare oscillare la statua e, infine, come distruggerla. Appena cominciavano i lavori per erigete una nuova statua, noi ne approfittavamo per fare i nostri calcoli.
[Ryszard Kapuściński, Shah-in-shah, trad. di Margherita Belardetti, Milano, Feltrinelli 2009 (6), pp. 43-44]