Domani
Domani parto per la Russia. Quante volte mi è successo. E è sempre uguale. Domani parto per la Russia, penso, e non mi sembra vero.
Domani parto per la Russia. Quante volte mi è successo. E è sempre uguale. Domani parto per la Russia, penso, e non mi sembra vero.
Se c’è al mondo un paese, che è per gli altri paesi distanti o confinanti con esso, più sconosciuto e inesplorato, più incompreso e incomprensibile di tutti gli altri, questo paese è indiscutibilmente la Russia per i suoi vicini occidentali.
[Fëdor Dostoevskij, Russia, trad. di Lucio Coco, Torino, Aragno 2024, p. 3]
Mercoledì 24 agosto,
su Radio 1,
a Radio anch’io,
alle 7 e 45,
parlo con Enrica Belli
della Russia e
dell’Ucraina.
C’è sempre un momento, quando devo andare in Russia, che mi accorgo che forse parto davvero e mi sembra incredibile; quest’anno mi sembra particolarmente incredibile, incredibilissimo, direi, se si potesse dire.
E gli studenti dell’accademia di Belle arti di Mosca che ho conosciuto nel 1993 vedevano tutte le puntate di una serie televisiva che si chiamava Sprut, La piovra, col commissario Cattani, e con loro mi sono trovato a cantare, intorno a un tavolo con sopra una bottiglia di vodka, due fette di pane nero e due pomodori, una canzone che non avrei mai pensato di cantare in vita mia, Un italiano vero, di Toto Cutugno, e lì ho capito che quello è il vero inno italiano e che sarebbe bellissimo se i calciatori della nazionale, al centro del campo, la mano sul cuore, cantassero «Buongiorno Italia gli spaghetti al dente, un partigiano come presidente, con l’autoradio sempre nella mano destra e un canarino sopra la finestra» e purtroppo non succederà mai.
Sempre domani, sempre sul Venerdì di Repubblica, sempre la mia Russia Sovietica
Non so quando potrò tornarci e non so se, quando succederà, la Russia che troverò sarà più simile a quella che ho lasciato, nel 2019, o a quella che ho incontrato per la prima volta nel 1991.
Nella mia Mosca del 1991 il cartello che ho visto più spesso, attaccato ai telefoni pubblici, ai distributori di bevande, era «Ne rabotaet», «Non funziona».
[Sul Venerdì di Repubblica di Venerdì 25 c’è un mio pezzo sulla Russia Sovietica]
Sabato 26 febbraio,
su Radio 1,
Sabato anch’io,
alle 8:45 circa
parlo di Russia e
Ucraina
La prima pagina del numero di oggi del giornale sportivo russo Sovetskij Sport: «Non è il momento di parlare di calcio».
Oggi pomeriggio, alle 15 e 30, su Radio tre, parlo della Russia e dell’Ucraina.
Ma il posto centrale, se dovessi deciderlo adesso, il sole intorno al quale ruotano tutti gli altri posti in cui sono stato, il termine di paragone che mi porto con me ovunque io vada, è la Russia, devo dire (per leggere tutto: Russia)
[Uscito l’altro giorno sul Foglio]