Da dove escono le trame

martedì 29 Novembre 2016

Il libraio che imbrogliò l'Inghilterra, Roald Dahl

«C’è una cosa che proprio non capisco, Knipe. Da dove uscirebbero le trame? Una macchina non può inventarle».
«Gliele forniremo noi, signore – risponde Knipe – Nessun problema. Ce ne sono tre o quattrocento scritte nella cartelletta alla sua sinistra. Le collochiamo dritte nella sezione ‘memoria trame’ della macchina».
«Continui».
«Sono previste anche molte altre piccole raffinatezze, Mr Bohlen. Le vedrà quando studierà il progetto nei particolari. Per esempio, è previsto un espediente che usano quasi tutti gli scrittori, quello di inserire in ogni racconto almeno una parolona lunga e incomprensibile. Questo fa pensare al lettore che l’autore sia molto dotto e intelligente. Perciò la macchina farà automaticamente lo stesso. Avremo un intero stock di parole lunghe memorizzate appositamente per questo scopo».
«Dove?»
«Nella sezione ‘memoria parole’» rispose epesegeticamente Knipe.

[Roald Dahl, Lo scrittore automatico, in Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra, traduzione di Massimo Bocchiola, Parma, Guanda 1996, pp. 6-47]

Giustizia

martedì 11 Ottobre 2016

imgres

Io non può parlare sempre giusto, qualche volta parla ingiusto.

[Roald Dahl, Il GGG, traduzione di Donatella Ziliotto, Milano, Salani 1987, p. 33]

I piedi

sabato 2 Aprile 2016

soutine

«Stasera berremo il più possibile,» disse lui. «Sono ricco straricco. Credo anzi che dovrò comprare altre bottiglie. Quante ne prendo?»
«Altre sei», disse il ragazzo. «Due per uno».
«Bene, vado a prenderle.»
«Ti accompagno.»
Comprò altre sei bottiglie nel café più vicino e insieme se le portarono allo studio. Le allinearono a terra in doppia fila, poi lui andò a prendere il cavatappi e le stappò, tutt’e sei. Dopodiché sedettero e ripresero a bere.
«Solo i ricchi, i veri ricchi», osservo lui, «possono permettersi di festeggiare in questo modo».
«Verissimo», disse il ragazzo. «Non trovi, Josie?»
«Certo.»
«Come ti senti, Josie?»
«Benissimo.»
«Vuoi lasciare Drioli e sposare me?»
«No.»
«Magnifico vino», disse lui, Drioli. «Berlo è da privilegiati.»
Lentamente, metodicamente, stavano avviandosi alla sbronza. Un processo più o meno solito, e tuttavia c’era un certo riturale da rispettare, una certa serietà da mantenere e una quantità di cose da dire. E in più il vino andava lodato; e anche la lentezza in cui tutto avveniva era importante, affinché ci fosse tutto il tempo per godersi i tre stadi della transizione, specialmente (per lui, Drioli) quello nel quale cominciava a fluttuare nell’aria e i piedi non se li sentiva più. Era lo stadio migliore di tutti, quando si guardava i piedi e questi gli sembravano così lontani, staccati, da chiedersi a quale pazzo folle appartenessero mai e perché se ne stavano là a terra, così lontani.

[Roald Dahl, Storie impreviste e altre storie ancora più impreviste, traduzione di Attilio Veraldi, Milano, Garzanti 2000, pp. 99-100]

1 aprile – Casalecchio di Reno

venerdì 1 Aprile 2016

Venerdì 1 aprile,
a Casalecchio di Reno,
alle ore 18 e 30,
alla Casa della Conoscenza
(biblioteca Cesare Pavese)
in Via Porrettana 360,
dentro una manifestazione dedicata
a Roald Dahl,
leggo un discorso su Roald Dahl
(dura venti minuti)

Cose da pazzi

venerdì 20 Febbraio 2015

Il libraio che imbrogliò l'Inghilterra, Roald Dahl

«Come lei può vedere, sulla mia macchina, avendo un coordinatore regolabile fra la sezione ‘memoria trame’ e la sezione ‘memoria parole’, sono in grado di produrre qualsiasi tipo di storia io desideri, semplicemente premendo il pulsante richiesto.»
«Sì, ho afferrato, Kinipe, ho afferrato. È tutto molto interessante, ma il riscontro, il riscontro…»
«Semplicemente questo, Mr Bohlen. Il mercato non è molto esteso. Ma noi dovremo essere in grado di produrre la cosa giusta al momento giusto ogni volta che vorremo. È solo una questione di affari, tutto qui. Ora sto esaminando la faccenda dal suo punto di vista: come una proposta commerciale.»
«Ma caro figliolo, davvero non può essere una proposta commerciale… non se ne parla neppure. Sa anche lei quanto costerebbe costruire una macchina come questa.»
«Sissignore, lo so. Ma con tutto il rispetto, credo che lei non sappia quanto le riviste pagano gli scrittori per un racconto.»
«E quanto pagano?»
«Fino a un massimo di duemilacinquecento dollari. La media, probabilmente è sui mille dollari.»
Mr Bohlen sobbalzò.
«Sissignore. È vero.»
«Assolutamente impossibile, Knipe! È ridicolo!»
«No, signore. È vero.»
«E lei se ne sta lì seduto a dirmi che le rivista pagano un uomo tutti quei soldi per… solo per scribacchiare una storiella? Dio del cielo, Knipe! Cose da pazzi! Gli scrittori devono essere tutti milionari!»

[Roald Dahl, Lo scrittore automatico, in Il libraio che imbrogliò l’Inghilterra, Parma, Guanda 1996, pp. 42.43]

Boy

lunedì 14 Novembre 2011

Quand’ebbi dodici anni, mia madre mi annunciò: «Ho fatto domanda di iscrizione per te a Marlborough e a Repton. Dove preferisci andare?»
Erano entrambi famosi collegi privati, ma questo era tutto quanto ne sapevo. «Repton» dissi. «Andrò a Repton». Era più facile da pronunciare che Marlborough.
«D’accordo» disse mia madre «Dunque andrai a Repton».

[Roald Dahl,Boy, cit., p. 143]

Tirate

lunedì 23 Agosto 2010

dahl

Quando mio padre aveva quattordici anni, cioè sempre più di cent’anni fa, stava sul tetto della sua casa sistemando alcune tegole fuori posto, quando scivolò e cadde, rompendosi il braccio sinistro sotto il gomito. Qualcuno corse a cercare un dottore, e mezz’ora dopo questo signore fece la sua maestosa e avvinazzata comparsa sul suo calesse. Era così ubriaco che scambiò il gomito fratturato per una spalla lussata.
«La rimettiamo a posto in un baleno!» esclamò e fece salire due uomini dalla strada per aiutarlo a tirare. Li istruì che tenessero mio padre per la vita mentre il dottore lo afferrava per il polso del braccio rotto e sbraitava: «Tirate, gente, tirate più forte che potete!»
Il dolore dev’essere stato atroce. La vittima gridava e sua madre, che assisteva inorridita allo spettacolo, strillava: «Smettetela!». Ma ormai quegli energumeni avevano fatto un tale danno che una scheggia dell’osso era uscita dall’avambraccio.
Questo accadeva nel 1877 quando la chirurgia ortopedica non era quella di oggi. Così, senza storie, amputarono il braccio all’altezza del gomito e per il resto della sua vita mio padre dovette cavarsela con un braccio solo. Fortunatamente il braccio perduto era il sinistro e a poco a poco, con l’andar del tempo, lui imparò a fare più o meno tutto usando soltanto la mano destra. Riusciva ad allacciarsi le stringhe delle scarpe con la stessa disinvoltura di tutti noi e per tagliare il cibo nel piatto aveva fatto affilare un lato della forchetta così che gli serviva contemporaneamente da forchetta o da coltello. Teneva questo ingegnoso strumento in un astuccio piatto di pelle che si portava sempre in tasca.

[Roald Dahl, Boy, traduzione di Donatella Ziliotto, Milano, Salani 1992, pp. 11-12]