Non scrivere quello che sai
Il romanzo di Bret Anthony Johnston Ricordami così, da poco uscito per Einaudi stile libero (per la traduzione di Federica Aceto) parla di una cosa impegnativa: di una famiglia texana, il padre Eric, la madre Laura e il figlio minore Griffin, e del modo in cui questi tre personaggi hanno reagito a una cosa successa quattro anni prima, la scomparsa del figlio maggiore, Justin, che un pomeriggio, dopo avere litigato con Griffin, è uscito di casa e non è più tornato.
Eric, il babbo, comincia una relazione extraconiugale, come si dice, con la moglie di un chirurgo; Laura, la mamma, comincia a fare la volontaria al Marine Lab, un posto in cui, da qualche mese, stanno curando un delfino femmina che, chissà perché, si è spiaggiato, e si mette a rubare delle boccette di smalto per le unghie dai supermercati, e non restituisce più i libri che ha preso in prestito in biblioteca. Griffin, il figlio piccolo, si immagina che i suoi genitori divorzieranno e si allena a dire, davanti allo specchio, «“Mi chiamo Griffin Campbell. Sono figlio unico”. Lo ripeteva in continuazione finché non gli sembrava vero».
Ecco. Le cose che ho scritto fino a questo momento sono tutte vere ma sono anche false.
L’autore del libro, Bret Anthony Johnston, è direttore del dipartimento di scrittura creativa dell’Università di Harvard e si trovano, in rete, diversi suoi contributi, in uno dei quali, intitolato Non scrivere quello che sai, scrive, tra le altre cose, che «Le storie non parlano di qualcosa, le storie sono, delle cose», contraddicendosi, in un certo senso, perché questa cosa, il fatto che le storie non parlano di qualcosa, le storie sono, delle cose, lui la sa, e l’ha scritta, ma, a parte questo, la potenza del romanzo di Johnston non mi sembra sia tanto nell’argomento impegnativo, quanto nel modo in cui la materia narrativa che maneggia, la creta che Johnston ha tra le mani, reagisce. Continua a leggere »