Questo libro qui

giovedì 7 Aprile 2011

Questo libro qui è un libro che mi è arrivato, in manoscritto, una decina di anni fa, quando abitavo da un’altra parte, e mi ricordo ancora benissimo quando l’ho letto, la prima volta, che ero in salotto, mi ricordo il parquet, e mi ricordo che ero incantato da una lingua che sembrava che ogni tanto mi scappasse di mano; una lingua precisa, quasi scientifica, ma, non so come dire, inafferrabile, come di mercurio, quell’elemento grigio che c’era una volta dentro i termometri, oppure, non so, come se nella scrittura, ogni tanto, slittasse la frizione, e allora si perdeva la strada, e eran momenti che non sapevi dove saresti andato a picchiare.
Il libro, nella sua edizione cartacea, è poi uscito, sei o sette anni fa, come seconda uscita di una collana che si chiamava LDM, che era un acronimo per libri di merda. Aveva anche un logo, la collana, una merdina stilizzata con una moschina stilizzata che ci si posava sopra. Il nome era un modo, un po’ ingenuo, ma che ci piaceva tanto, a me e Marco Raffaini, che curavam la collana, il nome, dicevo, era un modo forse un po’ ingenuo di fare il verso, al contrario, alle quarte di copertina di molti libri che vedevamo in libreria e che, a leggere la quarta di copertina, sembravano tutti dei capolavori, e era anche l’indicazione del fatto che la meraviglia della lettura a noi veniva anche (e soprattutto) da libri con una lingua non canonica, non sempre grammaticalmente impeccabile, se ci si mette dal punto di vista della grammatica prescrittiva, da libri cioè strampalati, come avrebbe detto Daniele Benati.
Restituiscimi il cappotto era stata la seconda uscita, la prima era stata Storia della Russia e dell’Italia, scritto da Marco e da me, la terza non c’era stata, perché l’editore, quando aveva letto il terzo libro che volevamo fare uscire, La gamba del Felice, di Sergio Bianchi, aveva detto che l’avrebbe fatto uscire nella sua collana principale, non nella nostra. Quando gli avevamo chiesto come mai, lui aveva detto che quello era bello.

Paratesti

martedì 5 Aprile 2011

La scomparsa di un cappotto azzurro polvere impedisce al protagonista di realizzare i suoi progetti, cioè di ammazzarsi come aveva deciso di fare dopo aver capito che «la morte è l’unica cosa che può salvare da tutte le fatiche». Senza cappotto, tocca ancora stare qui a faticare, a patire freddo, a avere vergogna, a dannarsi con le parole.

Adrián N. Bravi è nato a San Fernando (Buenos Aires), in una casa accanto al fiume che si allagava sempre per via delle inondazioni. Attualmente vive a Recanati, e lavora come bibliotecario presso l’università di Macerata. Nel 1999 ha pubblicato il suo primo romanzo in lingua spagnola Río Sauce (Buenos Aires), un libro che parla di un’inondazione, e nel 2004 ha esordito in Italia con Restituiscimi il cappotto (Fernandel, seconda uscita della collana LDM). Invece, con la casa editrice Nottetempo di Roma ha pubblicato tre romanzi, La pelusa (2007), Sud 1982 (2008) e Il riporto (2011) scritti da lui in italiano con pochi errori.

Immagine di copertina di Timofej Kostin, grafica di Simona Toncelli, redazione di Alessandro Bonino, Edizioni Sugaman, ebook, 60 pagine, 2,90 euro, esce domani.

Una prefazione

giovedì 10 Marzo 2011

Noi questo libro, non lo volevamo fare. Ci sembrava troppo bello, per una collana come la nostra. Allora, anche se l’unica alternativa all’epoca era Vento vento vento e altri racconti di Marina Schiuma, su cui pesava il veto dei tre quarti del comitato di redazione, quando abbiamo letto Restituiscimi il cappotto di Adrián Nazareno Bravi ne abbiam fatto tre copie, una l’abbiamo mandata a Einaudi, una alla casa madre, una a Ercole Bazzani, grande cantore della vita degli scarabei.
Ercole Bazzani ci ha risposto subito, ci ha detto che il libro gli era sembrato molto bello che anche lui ne aveva fatto una copia l’aveva mandata a Scarabèrio, la sua elegante casa editrice palermitana.
Poi, sono passati molti mesi. Continua a leggere »