Questo libro qui
Questo libro qui è un libro che mi è arrivato, in manoscritto, una decina di anni fa, quando abitavo da un’altra parte, e mi ricordo ancora benissimo quando l’ho letto, la prima volta, che ero in salotto, mi ricordo il parquet, e mi ricordo che ero incantato da una lingua che sembrava che ogni tanto mi scappasse di mano; una lingua precisa, quasi scientifica, ma, non so come dire, inafferrabile, come di mercurio, quell’elemento grigio che c’era una volta dentro i termometri, oppure, non so, come se nella scrittura, ogni tanto, slittasse la frizione, e allora si perdeva la strada, e eran momenti che non sapevi dove saresti andato a picchiare.
Il libro, nella sua edizione cartacea, è poi uscito, sei o sette anni fa, come seconda uscita di una collana che si chiamava LDM, che era un acronimo per libri di merda. Aveva anche un logo, la collana, una merdina stilizzata con una moschina stilizzata che ci si posava sopra. Il nome era un modo, un po’ ingenuo, ma che ci piaceva tanto, a me e Marco Raffaini, che curavam la collana, il nome, dicevo, era un modo forse un po’ ingenuo di fare il verso, al contrario, alle quarte di copertina di molti libri che vedevamo in libreria e che, a leggere la quarta di copertina, sembravano tutti dei capolavori, e era anche l’indicazione del fatto che la meraviglia della lettura a noi veniva anche (e soprattutto) da libri con una lingua non canonica, non sempre grammaticalmente impeccabile, se ci si mette dal punto di vista della grammatica prescrittiva, da libri cioè strampalati, come avrebbe detto Daniele Benati.
Restituiscimi il cappotto era stata la seconda uscita, la prima era stata Storia della Russia e dell’Italia, scritto da Marco e da me, la terza non c’era stata, perché l’editore, quando aveva letto il terzo libro che volevamo fare uscire, La gamba del Felice, di Sergio Bianchi, aveva detto che l’avrebbe fatto uscire nella sua collana principale, non nella nostra. Quando gli avevamo chiesto come mai, lui aveva detto che quello era bello.