Tanto tempo prima
Quando mi succedeva di girare con lei in città e l’Achmatova indicava una casa, e quella successiva, e quella dopo ancora, si interrompeva: «Mi ordini di tacere, divento una guida turistica». Aveva vissuto a lungo e aveva visto cose che non avevano nessun legame tra loro succedere nello stesso posto e vedeva sempre la stessa commedia con diverse scenografie. E attirava le coincidenze più inverosimili, i doppi meno prevedibili. La ripetizione degli avvenimenti, il loro riflesso in un nuovo specchio li rivelava ancora. Se non avveniva un incontro, avveniva un non incontro, entrambi erano per lei altrettanto reali e favolosi, materiali e incorporei. I giorni della sua vita, oltre alle parole, gli impegni, i minuti dei quali erano composti, erano anche anniversari, giubilei, decennali, venticinquennali, cinquantenari. Tutto era «come allora», tanto tempo prima. Il tempo in cui l’ho conosciuta era un tempo di cinquantenari: i primi versi pubblicati, l’ingresso nella «Gilda dei poeti», il matrimonio con Gumilev, la nascita del figlio, l’uscita di «Sera», «Rosario», «Bianco stormo».
[Anatolij Najman, Rasskazy o Anne Achmatovoj, in Duši vysokaja svoboda, Moskva, PROZAiK 2016, p. 268]