giovedì 8 Luglio 2021
Nell’autunno del 1908 venne pubblicato il mio primo racconto. Oggi, quando incontro persone che hanno letto quel racconto, mi sento a disagio come quando mi imbatto in un mia zia alla quale una volta, quando avevo due anni, orinai sul vestito davanti a tutti.
[Evgenij Zamjatin, Racconti, a cura di Alessandro Niero, Milano, Mondadori 2021, p. 9]
lunedì 13 Agosto 2012
Era il tempo in cui l’imperatore Francesco Giuseppe I doveva venire di nuovo a Praga a battere col martello sulla prima pietra di un nuovo ponte. Nella questione ceca infatti il vecchio monarca s’era specializzato esclusivamente in ponti. Arrivava, batteva sulla pietra e notava: «È interessante che questo ponte porti da una parte all’altra», poi diceva ancora «Oh, che ciòia che siete gèchi» e dopo questa visita l’intero popolo ceco aveva sempre l’impressione che quel vecchio signore avesse la paralisi.
Erano i tempi gloriosi in cui la polizia di Stato di Praga svolgeva una rilevante attività e arrestò nel ristorante Al Due il vecchio suonatore d’armonica storpio Kučera, che circa trent’anni fa, prima di una visita dell’imperatore, se n’era andato a piedi da Praga a Vienna e qui s’era buttato sotto i cavalli del cocchio imperiale per ottenere un’udienza, perché aveva l’idea fissa che gli spettasse una tabaccheria per via di una pallottola italiana che gli aveva spezzato una gamba a Custoza. Invece della tabaccheria si ebbe cinque giorni in base al «Prügelpatent», poi per circa un mese lo tennero in osservazione in una clinica psichiatrica di Vienna e investigarono se teneva corrispondenza con persone sospette d’oltrefrontiera. Quando accertarono che non sapeva scrivere e che era sano e responsabile, lo condussero alla stazione di deportazione e da qui andò poi sotto scorta per la strada comune fino a Praga, dove in ricordo della sua fallita udienza presso l’imperatore compose questa canzone sulla sua armonica:
A Vienna non mi piace nulla,
è un vero manicomio
e un grosso imbroglio,
oh, povero me, povero me…
E per trent’anni suonò e cantò questa canzoncina al Due e ogni volta che l’imperatore doveva arrivare a Praga la polizia di Stato si portava il suonatore Kučera alla “quattro”, in direzione di polizia, sicché la vita di Kučera era una specie di formula matematica e lui aveva l’impressione che l’imperatore Francesco Giuseppe I avesse paura di lui, del vecchio Kučera, e questo lo aiutava sempre a farsi forza nella vita.
[Jaroslav Hašek, Sulle tracce della polizia di stato a Praga, in Racconti, a cura di Sergio Corduas, Milano, Mondadori 2006, pp. 211-212]
domenica 3 Ottobre 2010
Nel 1909, grazie all’amico Hájek, trova lavoro nella redazione della rivista zoologica «Il mondo degli animali» nel quartiere di Košiře. Annoiato dal lavoro in redazione inventa animali immaginari passandoli per scoop sensazionali. Fanno la loro comparsa elefanti che ascoltano il grammofono, topi muschiati, balene dal ventre sulfureo. In un articolo dal tono buffonescamente scientifico scrive della scoperta di un fossile di pulce paleozoica. La notizia è pubblicata anche all’estero. L’annuncio di vendita di una coppia di «lupi mannari con pedigree» fa andare su tutte le furie il direttore, Václav Fuchs, che pretende delle spiegazioni. Hašek risponde con un nuovo annuncio ai lettori: «Siamo spiacenti, lo stock di lupi mannari è esaurito. Siate certi che, appena che ne consegneranno degli altri, ve li faremo avere». Dopo due mesi è licenziato.
[Laura Manzardo, Cronologia, in Jaroslav Hašek, racconti, cit., pp. XVI-XVII]
giovedì 30 Settembre 2010
Era il tempo in cui l’imperatore Francesco Giuseppe I doveva venire di nuovo a Praga per battere col martello sulla prima pietra di un nuovo ponte. Nella questione ceca infatti il vecchio monarca s’era specializzato esclusivamente in ponti. Arrivava, batteva sulla pietra e notava: «È interessante che questo ponte porti da una parte all’altra», poi diceva ancora «Oh, che ciòia che siete gèchi» e dopo questa visita l’intero popolo ceco aveva sempre l’impressione che quel vecchio signore avesse la paralisi. Continua a leggere »