Trovare Qualcosa

lunedì 10 Settembre 2018

Un po’ di gente mi ha detto che non riesce a trovare il numero 3 di Qualcosa, che sarà in libreria, effettivamente, nei prossimi giorni, per il momento si trova qui: Clic.

Un sms

domenica 9 Settembre 2018

Oggi, avevamo appena finito l’incontro sulle riviste, ho ricevuto un sms di Rosalia, di Salaborsa, che mi ha scritto: «Ho appena sentito nel tendone un uomo che diceva a sua moglie: “Prendi Qualcosa!”».

9 settembre – Mantova

domenica 9 Settembre 2018

Domenica 9 settembre,
a Mantova,
alle 12 e 30,
all’officina del gas – vicolo stretto,
La grande Russia portatile
(è la cosa numero 182, costa 6 euro)

Un singolare dato di costume

lunedì 3 Settembre 2018

Si pensi a un singolare dato di costume: al Festival di Sanremo del 1969 Iva Zanicchi vince con Zingara e a quello del 1971 Nada e Nicola di Bari trionfano con Il cuore è uno zingaro. Dunque, fino a quell’anno, ma ancora in tutto il successivo decennio, (Zingaro di Umberto Tozzi è del 1978 e presenta alcuni versi incredibilmente “estremistici”), il termine presenta un significato positivo, che evoca immagini suggestive, prevalentemente esotiche, e che allude a stili di vita liberi e trasgressivi, fascinosi e romantici.

[Luigi Manconi in Qualcosa n. 3]

Delle cose

sabato 1 Settembre 2018

Quando studiavo all’università, a Roma, mi è capitato per un periodo di dare delle ripetizioni di grammatica italiana a un ragazzino, Michele mi sembra si chiamasse, che era alle scuole medie. Una volta, è successo che Michele mi ha chiesto: «Ma il plurale di “camicia” si scrive con la “i” o senza». Io gli ho risposto: «Con la “i”», e lui mi ha chiesto: «E perché?». Io non me lo ricordavo perché, e ho provato a cercare la risposta sul suo libro delle medie, e allora lui mi ha detto: «Però tu lo dovresti sapere senza libro». E io gli ho risposto: «Lo sai cosa, nella grammatica italiana sono tutte eccezioni».

[Matteo Girardi, Uno, in Qualcosa numero 3, esce a Mantova]

Adesso

venerdì 31 Agosto 2018

In agosto, siccome è chiuso il negozio dove mi faccio mandare le cose di solito, me le faccio mandare a casa della Battaglia, e oggi, mi ha chiamato la Battaglia mi ha detto «È arrivato Qualcosa». E io ho detto «Che bello». E adesso vado a prender Qualcosa. E basta.

Un pezzetto di Qualcosa

martedì 28 Agosto 2018

Uno dei miei giochi preferiti eran le Barbie a la mia Barbie preferita era una mora con gli occhi castani che era costata 19 mila lire, me l’avevano comprata perché mi ero fatta fare 10 punture di penicillina.
La Barbie aveva un marito senza vestiti solo con degli slip a stelle e strisce come la bandiera americana ed era di proprietà di mio fratello.
Nel gioco il marito entrava solo qualche secondo all’inizio, cioè quando la Barbie lo salutava dicendogli ci vediamo stasera che lui doveva andare a lavorare, in realtà finiva dietro di me a faccia in giù e nel gioco non entrava più.
Per il resto la Barbie passava il tempo a provarsi i vestiti che gli faceva mia nonna sarta con gli avanzi delle stoffe, ne aveva per ogni occasione, il marito, invece solo quel paio di slip a stelle e strisce come la bandiera americana.
Un altro gioco era quello che facevo il mercoledì mattina a Bellaria quando c’era il mercato e io mi alzavo alle 6, avevo già preparato tutte le mie cose la sera prima.
Un tavolino fatto con delle cassette di legno, una cassa che era una scatola da scarpe e le cose da vendere.
Mi mettevo davanti alla casa che avevamo preso in affitto e stavo lì a vendere le mie cose, le mie cose erano: qualche bottiglia di aranciata San Pellegrino e di Coca Cola e qualche bottiglietta de succo di frutta che avevo comprato il giorno prima con la mamma alla Coop e che per richiamare la gente vendevo a molto meno di quello che le avevamo pagate.
Ma soprattutto quando nevicava mi piaceva uscire con il secchiello e la paletta e fare i castelli di neve.

[Nicoletta Bianconi, per Qualcosa numero 3, che esce, praticamente, al festival letteratura di Mantova, come rivista – libro – organo ufficioso dei sapodisti]

Cose che piacciono a Dente

martedì 14 Agosto 2018

Perfetto. Benissimo. Benvenuti. Salve.
Io appunto mi chiamo Dente, e sono quello che si dice un cantautore, e mi sono preparato fortemente per questa serata, preparando appunto qualche consiglio. Così mi ha detto Paolo Nori, che organizza questo festival bellissimo, mi ha detto devi consigliare delle cose, devi dire quelle cose che ti hanno un po’ fatto arrivare dove sei. Quindi ho scelto un po’ di cose, e ve le leggerò, e ve le farò ascoltare. Ho dato un titolo a questo mio intervento, diciamo, ho inventato un titolo a questo intervento, che è Io non so il perché delle cose ma qui analizzo la catena degli eventi. Un titolo breve, tranquillo. Mentre preparavo questo intervento, mi sono interrogato sul perché mi piace una cosa, cioè perché devo dire a queste persone di ascoltare o di leggere queste cose. E la risposta è stata: «Non lo so». Cioè non lo so perché mi piace una cosa o un’altra. A volte ci sono delle affinità, quando si parla di arte, di musica, o di letteratura, che prescindono anche dalla parola, da quello che si può dire, no? Ci sono delle cose che ci piacciono, ci prendono per mano e ci portano dove ci devono portare. Quindi io comincio dicendo che un’altra angoscia che avevo a fare quest’incontro, una delle tante, era il fatto di non essere un erudito. Io sono un perito elettronico, sono diplomato all’Itis di Fidenza, all’Istituto Tecnico Industriale Statale “Berenini” di Fidenza, sono perito in elettronica industriale e non so cosa voglia dire, assolutamente. Perché sono stato cacciato dalla scuola, cacciato nel senso buono, nel senso che sono uscito all’esame di maturità, e i professori mi hanno detto: «Hai sbagliato scuola, ci dispiace, prego, vai per la tua strada». Non so se è confortante oppure no, comunque così è stato.

[Dente, Perfetto, in Qualcosa n. 3, esce i primi di settembre]

Cose che sono piaciute a Daniele Benati

giovedì 9 Agosto 2018

Credo che, per chi scrive, un’età fondamentale sia quella della adolescenza: quando ancora non si fa parte del mondo degli adulti, ma si sente che la vita vera sta per arrivare, e si fanno le grandi scoperte, si provano le prime emozioni forti e ci si accorge che il mondo è fatto anche di libri, canzoni, film, quadri. Quando ci si accorge, ad esempio, che la letteratura non è solo quella materia barbosa che si deve studiare a scuola, ma una cosa viva, che parla di esperienze che anche noi saremo destinati a fare e che per il momento possiamo solo vivere di riflesso, immedesimandoci in un qualche personaggio. È in questa età che si viene segnati, in un modo o nell’altro.
Per quanto mi riguarda, io sono sempre stato uno studente mediocre. Nel senso che me la sono sempre cavata per il rotto della cuffia, studiando il meno possibile, e senza mai leggere niente di mia spontanea volontà, tranne lo stretto necessario per tirare avanti. Non leggevo nemmeno i giornalini, da ragazzo. E nemmeno i quotidiani sportivi, benché fossi un appassionato di calcio. Questo non è certo un merito. E dunque non ho letture adolescenziali formative a cui ritornare con la memoria, e non posso citare, come fanno in molti, un’antica passione per Giulio Verne o Salgari, o l’amore per romanzi d’avventura come L’isola del tesoro, Zanna bianca, Il richiamo della foresta, o Moby Dick nell’edizione per ragazzi. Come regalo di promozione dalla prima alla seconda media avevo chiesto ai miei genitori La capanna dello zio Tom, ma poi non l’ho mai letto. Ricordo però che verso i dodici, tredici anni ero rimasto molto colpito dalla riduzione televisiva di Illusioni perdute, il romanzo di Honoré de Balzac che narra le vicende di un giovane aspirante scrittore che tenta la scalata al successo nella Parigi ottocentesca; e dagli sceneggiati tratti dai romanzi di Simenon sulle inchieste del commissario Maigret. Di queste ultime mi piaceva molto anche la sigla, con la voce triste di Luigi Tenco che cantava Un giorno dopo l’altro in francese, mentre si vedeva Gino Cervi, nei panni di Maigret, che passeggiava sul lungosenna e di tanto in tanto si fermava davanti a una bancarella di libri usati.

[Daniele Benati, Vicolo della desolazione, dal numero 3 di Qualcosa (esce ai primi di settembre)]

Qualcosa

mercoledì 11 Luglio 2018

La collana della casa editrice Sempremai si chiamerà I pianerottoli, credo.
La prima cosa che uscirà, però, sarà una cosa fuori collana, il numero 3 della rivista Qualcosa.
Sarà l’organo ufficioso dei sapodisti e avrà anche un poster centrale, da appendere, questo:

L’art
di Diego Finelli

Un racconto o un romanzo o una poesia sapodista o un qualsiasi testo sapodista, mi spingo a dire, una qualsiasi opera sapodista, devono lasciar intendere che uno poteva fare di meglio ma non è colpa sua, ha una bellissima idea, si tratta solo di metterla giù per bene con tutte le virgole al posto giusto e le descrizioni e i personaggi e lo svolgimento e poi il finale e è fatta, praticamente il grosso c’è; la letteratura (mi spingo a dire, l’arte) sapodista si deve intuire che ha delle grandi potenzialità, che però delle volte uno le deve costringere in tempi contronatura, come per esempio scrivere un romanzo dieci minuti al giorno dalle otto meno cinque alle otto e cinque tutte le mattine in ufficio prima di cominciare a lavorare: come vuoi che venga un romanzo così, viene per forza un romanzo sapodista
il più delle volte, poi, un’opera sapodista deve essere incompiuta, lasciata lì in sospeso, e il suo stile, la sua forma devono assolut