22 settembre – Carugate

sabato 22 Settembre 2012

Sabato, 22 settembre,
a Carugate,
al centro socio culturale Atrion,
in via S. Francesco, 2,
alle ore 18
si parla di Presente
(e di qualche altra cosa)

I commenti da bar

sabato 2 Giugno 2012

Da qualche settimana è uscito uno strano libro, che ho scritto, in parte, anch’io. Il libro, che si intitola Presente, e che è stato immaginato e curato da Giorgio Vasta, è il diario dei dodici mesi dell’anno scorso raccontati, a turno, da Andrea Bajani, Michela Murgia, da me e dallo stesso Vasta.
È un libro che non avrei mai pensato di recensire e che, a pensarci, non recensirò, ma del quale mi trovo a parlare su sollecitazione del Foglio per commentare una recensione di Daniele Giglioli uscita sul Corriere della sera del trenta di maggio.
Ha notato, Giglioli, che, nel nostro racconto del 2011, prevalgono “situazioni e oggetti piccoli, minori, abitualmente fuori fuoco (bambini, gatti, giocattoli, oggetti inutili, piccoli librai, luoghi remoti; ansie, fragilità, silenzi, dubbi, interrogativi che non necessariamente richiedono risposta). Politici e scenari grossi, – continuava Giglioli, – sono comprimari”, e si compiaceva che, se e quando compaiono, “non generano i soliti commenti da bar”.
Giglioli condivide, questa scelta, ma l’aggettivo che ha usato per definire i soggetti che descriviamo, minori, devo dire che a me sembra stranissimo.
Non capisco il senso in cui i bambini, o i piccoli librai, sarebbero minori o fuori fuoco. Minori rispetto a cosa? mi viene da chiedermi. Fuori fuoco rispetto a cosa? Alla fotografie ufficiali? Ma cosa si può pensare di trovare, negli scritti di quattro persone la cui principale attività è scrivere dei romanzi? Continua a leggere »

25 maggio – Biella

venerdì 25 Maggio 2012

Venerdì 25 maggio,
a Biella,
al Museo del Territorio Biellese
(sala conferenze)
in via Quintino Sella,
alle ore 21,
con Paolo Bianchi
si parla di
La meravigliosa utilità del filo a piombo,
Si chiama Francesca, questo romanzo,
Presente.

Alice

venerdì 25 Maggio 2012

Alice a cena ha alzato le braccia e ha detto Ho una comunicazione da fare.
Elena l’ha guardata ed era chiaro che ha pensato A tredici anni non può aver già deciso di scappare di casa.
Alice ha detto Mi sono fidanzata.

[Andrea Bajani, Presente, gennaio, p. 18]

Castel Maggiore

domenica 20 Maggio 2012

Dopo andavo in una sala, teatrale, a Castel Maggiore, non c’ero mai stato, e era un posto, le case tutte nuove, i balconi rotondi, gli autobloccanti, i dipinti sui muri, non graffiti, fatti bene, con una geometria ortodossa, una ballerina, rossa, una chiave di violino, verde, e una colonna blu con la sagoma di una mascherina, da teatro, quella che ride, bianca, e lì di fianco, in bianco, la scritta Sala teatrale Biagi D’Antona, e era anche domenica, domenica le cose, delle volte, è come se non avessero lo scheletro, e dopo dentro, dovevo parlar dei film che mi piacevano, e veder dei pezzi, Oblomov, Vogliamo vivere, Di madre in figlia, Total Balalajka show e Stalker, e il giornalista mi chiedeva Cosa le piace in Stalker? e io dicevo Non lo so, però l’ultima volta che l’ho visto, quando son lì, nella zona, quell’area proibita, contaminata, forse, forse radioattiva, che c’è la stanza dove dicono che si realizzino i tuoi desideri, ecco io questa cosa, che nella vita me l’han detta, delle volte, Se potessi realizzare un tuo desiderio, cosa desidereresti? ecco questa cosa qui, che nella vita se te lo chiede uno ti vien da pensare che è infantile, e che è rimasto indietro come la coda del maiale, io l’ultima volta che ho visto Stalker, quando sono arrivato lì io ci ho pensato per davvero, a qual era il mio più grande desiderio: Tarkovskij col suo film è riuscito a far di questa cosa puerile e infantile e indietro come la coda del maiale una cosa vera, e acuta, avrei voluto dire, che ti scavava dentro, che superava tutti gli schermi che avevi nella testa e ti toccava dentro, avrei voluto dire, e questa, forse, è l’arte, avrei voluto dire, e è più vera di quello che è vero, la realtà, ma non l’avevo detto, perché quel giornalista mi aveva chiesto E cosa aveva desiderato?, e io avevo detto Non ve lo dico Continua a leggere »

Un’intervista

giovedì 17 Maggio 2012

[Intervista di Francesca Fimiani su Presente, che, forse, è uscita nei giorni scorsi su una rivista che si chiama Extra Torino]

> – Perché ha accettato di partecipare a questo progetto?

Mi è sembrata un’idea molto bella, un bellissimo libro, in potenza, ho accettato per quello.

> Immagino che ognuno dei 4 scrittori abbia un’idea diversa su cosa sia importante raccontare di questo presente (e perché), e vorrei sapere qual è la sua.

Io credo, in astratto, di non avere idee, sul quel che è importante e su quello che non lo è. Quello che è importante e quello che non è importante si manifesta tutti i giorni, senza bisogno di aver delle idee a proposito, mi sembra. Però, adesso che mi ci fa pensare, in questi ultimi anni mi sembra di avere cominciato a fare attenzione al modo in cui parlo a mia mamma o a mia figlia, e adesso mi sembra che, se ci sto attento, riesco, con loro, a essere più bravo, (un po’) più intelligente, (un po’) più simpatico e alla fine ho come l’impressione di essere (un po’) più contento di me.

> – Presente può avere molti significati: trova più importante / stimolante interrogarsi sul presente in quanto reale, o sul presente in quanto “contemporaneo”?

Se io sto male, se sono angosciato, per esempio, o se ho un dolore articolare, o se non riesco a dormire, o se ho mal di testa, o se mi rimprovero di aver detto, o scritto, delle cose insensate, e cattive, non mi viene da interrogarmi se è più reale o più contemporaneo, il mio malessere: è, nello stesso tempo, reale, e contemporaneo. Oppure non è reale, è immaginario, ma fa male lo stesso, quindi diventa reale anche se non lo è. Ecco: io, le mie parti di Presente le ho scritte così, mi sembra. Ho raccontato il miei malesseri (e i miei benesseri) reali e immaginari, che sono impastati, necessariamente, con i malesseri (e i benesseri) reali e immaginari di quel posto in cui viviamo e che chiamiamo, dandoci forse un po’ d’importanza, mondo.

> – Ritiene che la letteratura dovrebbe occuparsi di più del ‘qui ed ora’ come alle volte viene rinfacciato dalla critica italiana?

No, ritengo di no. Continua a leggere »

I ladri

mercoledì 16 Maggio 2012

E a me, questa cosa, faceva pensare a mondo dove c’erano, non so, la domenica mattina in tutte le case si veniva svegliati dal rumore delle lucidatrici, dove c’erano i bicchieri infrangibili, i telefoni a gettone, dove i maschi andavano al bar, e costituivano la famosa clientela dei bar, dove i barbieri si chiamavan barbieri, e le pettinatrici pettinatrici, dove la domenica se suonava qualcuno al campanello di casa era probabile che fosse uno che ti veniva a vendere l’Unità, a domicilio, e tu la compravi non perché ti interessasse l’Unità, ma perché ti sembrava bello quel gesto lì, di andare in giro a vendere un giornale senza guadagnarci niente, dove la scuola dell’obbligo finiva alle medie, e alle superiori tutti si erano sentiti dire la celebre frase Questa non è più la scuola dell’obbligo, dove il lavoro in genere veniva pagato, dove la gente era talmente disperata che qualcuno si metteva a collezionare delle bottiglie mignon di liquori, e ne aveva tantissime, dove le partite di calcio cominciavano tutte lo stesso giorno alla stessa ora, dove fuori dallo stadio vendevano i ceci caldi, d’inverno, dentro dei cartocci di carta unta e gialla a pallini neri, e uno spruzzo di sale, sopra, dove una cubista era una pittrice con delle nostalgie dei primi del secolo, dove i pediatri consigliavano il latte in polvere perché era il progresso, dove quando era comparso il fax era sembrata la fine di tutti i problemi, come se non si dovesse neanche più lavorare, dove gli uomini politici erano quasi tutti avvolti in una specie di cappa grigia, e parlavano quasi tutti una lingua incomprensibile, e sembrava che dovesse andar bene così, dove c’erano i mangiadischi che andavano pile, e, per la maggior parte, chissà come mai, erano di colore arancione, dove il lucido da scarpe sembrava una cosa della quale non si sarebbe potuto assolutamente mai fare a meno, dove le donne si mettevan le calze, e prima di sedersi si passavano una mano di dietro, a mettere a posto la gonna, che non eran delle cose che andavano bene per forza. Continua a leggere »

12 maggio – Torino

sabato 12 Maggio 2012

Sabato 12 maggio,
a Torino,
al Cineteatro Baretti,
in via Baretti, 4
alle 17 e 30
letture da Presente
di e con Andrea Bajani,
Michela Murgia,
Paolo Nori,
Giorgio Vasta
in collaborazione con Giulio Einaudi Editore
e Il circolo dei lettori di Torino,
al contrabbasso Federico Marchesano

Presente

martedì 8 Maggio 2012

Di fianco a me ci sarebbero stati due stranieri, uno avrebbe ordinato una pizza, l’altro un piatto di pasta. E avrebbe dato un po’ della sua pasta, al pomodoro, al suo amico, straniero, americano, che l’avrebbe sparsa sopra la sua pizza alle verdure e avrebbe cominciato a mangiare così.
E mi sarei ricordato di una volta che ero stato a Parma, un ristorante del centro, e avevo avuto di fianco a me due olandesi, una coppia, e avevano ordinato una caprese, e avevano coperto la mozzarella e il pomodoro di parmigiano reggiano grattugiato, avevano vuotato la formaggiera, non si vedeva più niente, e io avevo pensato Dopo tornano in Olanda dicono che in Italia si mangia male.

[Presente, Torino, Einaudi 2012, p. 62 (credo che esca oggi)]

Presente

domenica 29 Aprile 2012

Dopo, quella sera lì, a Santarcangelo, sopra un muro, c’era una peosia di Nino Pedretti, la seconda poesia che leggevo per strada nel mese di luglio, si chiamava Il mio babbo, che era una cosa, già, il mio babbo, la mia mamma, non era come dire Mio babbo, o Mio padre, o Mia madre, era Il mio babbo, e faceva così:

Il mio babbo

Il mio babbo che mi ha svergognato,

che ha perso tutte le battaglie,

il mio babbo che era bugiardo,

il mio babbo che bestemmiava i santi

e poi si metteva in ginocchio

davanti le madonnine,

il mio babbo che era bello,

e si guardava nello specchio,

il mio babbo che era povero,

che era ambizioso, che cantava,

il mio babbo che non mi ha insegnato niente,
il mio babbo che lo fregavan tutti,

il mio babbo che non sapeva il latino,

e poco anche l’italiano,

che dall’America è tornato

con un penny e tre parole d’inglese,

il mio babbo che voleva «commendatore»

scritto sopra la busta,

il mio babbo, fra i babbi il più sgangherato,

ha scritto dentro di me

tutte le mie poesie.

[Da Presente, esce l’8 maggio]