Buongiorno

lunedì 25 Dicembre 2023

Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio,
e non essere scaltri.

Vivere è amare la vita
con i suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole,
vestite con frange di festa.

Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l’autunno
e non stancarsi d’amare.

[Angelo Maria Ripellino, Poesie. 1952-1978, Torino, Einaudi 1990, p. 21]

Buon anno

sabato 1 Gennaio 2022

Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio,
e non essere scaltri.

Vivere è amare la vita
con i suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole,
vestite con frange di festa.

Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l’autunno
e non stancarsi d’amare.

[Angelo Maria Ripellino, Poesie. 1952-1978, Torino, Einaudi 1990, p. 21]

I suoi funerali e i suoi balli

domenica 24 Dicembre 2017

Angelo Maria Ripellino, Poesie

Vivere è stare svegli
e concedersi agli altri,
dare di sé sempre il meglio,
e non essere scaltri.

Vivere è amare la vita
con i suoi funerali e i suoi balli,
trovare favole e miti
nelle vicende più squallide.

Vivere è attendere il sole
nei giorni di nera tempesta,
schivare le gonfie parole,
vestite con frange di festa.

Vivere è scegliere le umili
melodie senza strepiti e spari,
scendere verso l’autunno
e non stancarsi d’amare.

[Angelo Maria Ripellino, Poesie. 1952-1978, Torino, Einaudi 1990, p. 21]

Ancora

sabato 16 Settembre 2017

Angelo Maria Ripellino, Poesie

Sono un piccolo agente di commercio,
con referenze e conoscenza di qualche linguaggio,
e con la bombetta sul capo come i cocchieri di Ostenda,
e un pastrano topesco e lercio.
Smanio e recito perché qualcuno mi senta
e si accorga che esisto.
Scrivo la sera, come suol dirsi, a tempo perso,
perché le crevettes non abbiano freddo al mercato.
Scrivo i miei sfoghi di povero cristo,
smanio e racconto come un vecchio soldato,
ma non ho più la parlantina occorrente,
e il campionario è già stinto,
il mio albero di metafore un tempo stupende,
e la scrittura è decrepita, stolta.
Dov’è il mio furore di vivere, il mio barocco?
Stanco, mi fermo a guardare con invidia talvolta
la dolce follia dei bambini che giuocano.

[Angelo Maria Ripellino, Poesie. 1952-1978, Torino, Einaudi 1990, p. 119]