Quando sto per uscire
Quando sto per uscire mi sembra, quasi sempre, stranissimo, che non nel giro di qualche secondo non sarò più in casa sarò fuori. Una cosa incredibile. Quasi tutte le volte.
Quando sto per uscire mi sembra, quasi sempre, stranissimo, che non nel giro di qualche secondo non sarò più in casa sarò fuori. Una cosa incredibile. Quasi tutte le volte.
E mi son ricordato che avevo tutte delle teorie, quando facevo la tesi di laurea, tre quarti d’ora di scrittura e un quarto d’ora di pausa, mi sembrava così ben trovata, e che avrei potuto usarla anche dopo, nella mia vita nel mondo, quando avrei cominciato a scrivere, se avessi mai cominciato a scrivere, e poi veramente ho cominciato a scrivere solo che la mia tesi di laurea, poi, l’ho riletta, non mi sembrava scritta benissimo, allora poi, ho usato tutta un’altra tecnica, che potremmo chiamare Come viene viene, più o meno.
Non so perché
ma stamattina
mi stavo mettendo
due paia di mutande.
In questo caso, cito un celebre poeta russo mai esistito, Koz’ma Prutkov, che afferma: «Nessuno abbraccia l’inabbracciabile».
[Roman Jakobson, Russia, follia, poesia, a cura di Tzvetan Todorov, trad. di Valeria Sperti, Napoli, Guida 1989, pp. 44-45]
Stamattina, in casa mia, sono entrati tre pompieri, e uno, appena entrato, ha detto Ma che bella affettatrice, e un altro, prima di uscire, ha detto Ma che bella affettatrice. Con questa, ha detto, anche se manca la luce, uno non muore mica di fame. Che, effettivamente, a pensarci, l’affettatrice sarebbe un elettrodomestico, solo che la mia, essendo manuale, si potrebbe, forse, considerare un domestico. Che io mi son sempre chiesto come sarebbe, avere un domestico, be’, adesso, in un certo senso, lo so.
A coricarsi sul pavimento, nel mio appartamento, alle sette e mezza del mattino, si sente il pavimento che trema, per le macchine e gli autobus che passano sulla Porrettana. Che a uno gli viene da chiedersi Ma quanto può durare, questa casa? Ha già più di un secolo. Non dura mica più tanto, secondo me.
In un locale romano
che si chiamava Alpheus,
una specie di discoteca,
con tante sale,
un venerdì sera,
dentro una cosa che si chiamava
MarteLive,
con tante cose che succedevano
contemporaneamente,
nella sala in cui ero io,
c’erano 40 persone,
quando è toccato a me
sono andato
al microfono
ho detto:
Adesso leggo
due capitoli
dal romanzo
di Lev Tolstoj
Chadži-Murat.
E prima che cominciassi a leggere
30 persone
si sono alzate e sono uscite.