16 febbraio – Radio 3

venerdì 16 Febbraio 2018

Venerdì 16 febbraio,
a Radio 3,
alle 17,
parliamo di Parma
Capitale della cultura
nel 2020

Il comodo aeroporto di Parma

domenica 29 Ottobre 2017

L’altro giorno, tornando da Cagliari, sono stato, per la prima volta in vita mia, all’aeroporto di Parma. C’era solo il nostro aereo, e quando siamo usciti non c’era neanche un taxi. Io ero il primo nella fila dei taxi, e dopo cinque minuti che eravamo lì a aspettare ho sentito quello dietro di me che chiamava per prenotare un taxi. Allora ho guardato il cartello, c’era un numero di telefono, al quale chiamare. Allora ho chiesto a quello dietro di me dove andava, doveva andare in stazione, come me, gli ho chiesto se potevamo andare insieme, mi ha detto di sì. Anche una signora si è aggregata, siamo montati in tre, la signora ha chiesto al tassista come mai non c’erano taxi, il tassista ha detto «Non arrivan gli aerei, cosa ci andiamo a fare, in aeroporto? C’è un aereo ogni morte di papa. Ci andiamo ogni tanto per fa la pipì. È comodo, per far la pipì, è un bel posto».

3 settembre – Parma

domenica 3 Settembre 2017

Domenica 3 settembre,
alle ore 11.30,
presso l’Archivio-Museo CSAC,
all’Abbazia di Valserena,
in Strada Viazza di Paradigna, 1,
a Parma,
dentro il Festival Tutti matti per Colorno,
I repertori dei matti delle città di Bologna,
Milano, Torino, Roma, Cagliari, Parma, Andria,
Livorno, Reggio Emilia, Lucera e capitanata e Genova
con particolare riferimento al Repertorio dei matti della città di Parma
(insieme alla visita al museo, che è
dentro la certosa che forse è stata quella che Stendhal intendeva quando
scriveva della Certosa di Parma, costa 10 euro, con vari sconti possibili,
che saranno specificati tra qualche giorno sul sito dello Csac: clic, mi dicono che
i posti sono limitati e che è consigliata la prenotazione;
per informazioni e prenotazioni:
+39 0521 607791
servizimuseali@csacparma.it).

Cosa c’entrano, i tortellini?

domenica 6 Agosto 2017

Io, probabilmente per via del fatto che son nato a Parma, e che ci ho abitato per più di trent’anni, devo dire che ho una relazione strana, con Parma e con i parmigiani, che si concretizza nel fatto che a me, i parmigiani, mi sembran della gente normalissima. Anche quel modo lì di parlare che abbiamo a Parma, con la erre che è la tipica erre di Parma, be’, secondo me, non è la tipica erre di Parma, è la erre normale, e quando mia figlia, per dire, che ha la erre di Parma, ha scoperto che quella erre ce l’hanno anche i francesi e ha detto che lei da grande avrebbe studiato il francese perché sapeva già una lettera, io ho pensato che aveva ragione.
Insomma, Parma, io, volevo dir quello, che Parma, io ho un rapporto strano, con Parma e con i parmigiani, e Parma è un posto che forse non riesco a guardarlo con l’obiettività e la misura con cui sono abituato a guardare le altre cose del mondo.
Le cose di Parma, per me, son delle cose più belle, che hanno più senso e fanno meno paura e, mi rendo conto che è stupido, forse, ma quando, un po’ di anni fa, un parmigiano era stato arrestato in Gran Bretagna reo confesso del delitto di aver ammazzato i suoi genitori, io mi ricordo che su dalla pancia mi era venuto un pensiero che avevo pensato «Be’, si vede che gli avevano fatto qualcosa».
Ecco, nonostante tutta questa premessa io devo dire che tutte le volte che, come il 3 agosto ultimo scorso, mi trovo nella stazione di Parma, io non la capisco, la stazione di Parma, mi sembra un posto senza senso.
Che se uno guarda le stazioni emiliane, a parte Bologna, che è il capoluogo, le altre stazioni di Modena Reggio Emilia e Piacenza (e anche Ferrara), son stazioni normali, stazioni alle quali siamo abituati fin da quando siam piccoli, a un piano, con i sottopassaggi, stazioni che servono per prendere i treni che portino i cittadini nei posti dove devono andare.
La stazione di Parma, no: la stazione di Parma di piani ne ha quattro, un pianterreno, due sotterranei e uno soprelevato che però è chiuso al pubblico per mancanza di visitatori.
La scala che dovrebbe portare al piano soprelevato è bloccata da dei vasi di fiori e da un cartello con la foto di una ragazza che guarda in macchina e sotto uno slogan che dice «Il viaggio comincia qui». Continua a leggere »

8 marzo – Parma

mercoledì 8 Marzo 2017

Mercoledì 8 marzo,
a Parma,
al convitto Maria Luigia,
in Borgo Lalatta, 14,
alle 18,
Undici treni
(bisogna prenotare a
fradosi@libero.it).

18 febbraio – Parma

sabato 18 Febbraio 2017

Sabato 18 febbraio,
alle 14 e 30
a Parma,
alla libreria Voltapagina,
in via Oberdan, 4
con Dario Costi
parliamo di
essere governati
e di da chi essere governati

5 febbraio – Rai 3

domenica 5 Febbraio 2017

Domenica 5 febbraio,
su Rai 3,
alle 10 (o 10 e 10)
c’è un programma di
Edoardo Camurri che
si chiama Provincia capitale
che si parla di Parma e ci
sono, tra gli altri,
anch’io che leggo dal
Repertorio dei matti della città di Parma.

Arrivederci

domenica 29 Gennaio 2017

Quest’anno, nel 2017, succederanno un po’ di cose strane, per esempio in novembre, in Russia, saranno passati cento anni dalla rivoluzione d’ottobre, che non è una cosa che succede tutti gli anni, e qualche mese prima, in luglio, se non succede qualcosa di grave alla mia salute, cosa possibile, dal momento che ho cinquantatré anni e che, ogni tanto, qualcosa di grave m’è successo, ma se non mi succede niente di grave nei prossimi sei mesi, io dovrei correre la mia prima maratona, a San Pietroburgo, il 5 luglio del 2017 che è una cosa, dal punto di vista della storia universale, insignificante, dal punto di vista della mia vita personale abbastanza importante, se ce la faccio, e anche se non ce la faccio, che me lo ricorderei comunque, se mi fermassi prima dei 42 chilometri e 195 metri, il 5 luglio del 2017, a San Pietroburgo.
E, dovendo fare una maratona tra pochi mesi, io cerco di allenarmi almeno quattro volte la settimana, e faccio 10 chilometri e 549 metri al giorno, un quarto di una maratona, così ogni settimana corro una maratona, ci metto sette giorni, e nei prossimi sei mesi devo fare in modo di riuscire a fare quello che adesso faccio in una settimana in poco più di quattro ore.
C’è del lavoro, in bottega, come dicono a Parma, e mi piace così, e ieri mattina, avevo quasi finito i miei 10 chilometri e 549 metri, ero contento, io son sempre contento, quando sto per finire di correre e ieri mattina, stavo finendo di correre, mi son ricordato che quest’anno, nel 2017, succederà anche una cosa un po’ più importante della mia maratona e un po’ meno importante della rivoluzione d’ottobre, le elezioni comunali di Parma.
E mi è tornato in mente che qualche giorno fa il sindaco di Parma, un signore che si chiama Federico Pizzarotti, ha comunicato che si ricandiderà per diventare sindaco per altri cinque anni.
Allora io, ieri mattina, siccome stavo finendo di correre e quando sto per finire di correre io son così soddisfatto, del fatto che è ancora mattina e io ho già corso 10 chilometri e 549 metri, e ho l’impressione che il mondo sia un posto sensato, allora ieri, siccome a me Federico Pizzarotti mi ricorda un signore di cui parla Viktor Šklovskij in un libro bellissimo che si chiama Viaggio sentimentale e che parla proprio di quella rivoluzione di cento anni fa (e che verrà ripubblicato da Einaudi nel 2017), un signore di cui Šklovskij dice che «parla con voce da soprano, giudiziosamente, con timbro che persuade. Ha il labbro superiore corto. È insomma un tipo ottuso, tagliato per la politica. Non sa parlare; è capace di vederti con una donna e chiedere se è la tua innamorata, ma senza vivacità, con un che di burocratico, . Non so se ho reso l’idea, altrimenti potete andare a parlarci di persona», scrive Šklovskij (la traduzione è Maria Olsoufieva), e ieri mattina, ero così di buon umore, mi sembrava che il mondo potesse essere un posto come si deve e mi son detto «Ma te, non fai niente per evitare che la tua città natale sia guidata per la seconda volta da un tipo del genere?».
E mi è venuta l’idea di lanciare un appello ai miei concittadini. Solo che io, siccome sono uno che scrive dei libri, e quelli che scrivon dei libri, le cose che dicono, la gente le prende in un modo strano, mi son ricordato di quel che è successo al grande scrittore russo Venedikt Erofeev, che quando è uscita la seconda edizione del suo capolavoro Moskva-Petuški, romanzo del 1969, nell’avviso al lettore di questa seconda edizione ha scritto che, nella prefazione alla prima edizione di Moskva-Petuški, edizione in un unico esemplare, l’autore, cioè lui, aveva avvisato tutte le lettrici giovani che il capitolo Serp i molot-Karačarovo era meglio non leggerlo, perché, dopo la frase «E giù a bere», seguiva una pagina e mezzo di bestemmie schiette, tanto che in quel capitolo non c’era neanche una parola castigata se si eccettua la frase «E giù a bere».
L’unico effetto di questo consiglio, scrive Erofeev, è stato il fatto che tutti, e soprattutto le lettrici giovani, si sono buttati sul capitolo Serp i molot-Karačarovo senza neanche leggere i capitoli precedenti.
Allora io volevo rivolgere un appello ai parmigiani.
Votate, per cortesia Federico Pizzarotti. Date fiducia alla suo nuovo partito politico Effetto Parma. Sentite che bel nome? Effetto Parma. Fatemi un piacere, parmigiani, votate Federico Pizzarotti. Votatelo, per cortesia, e fatelo votare anche ai vostri conoscenti che non sanno per chi votare. Se vi dicono «Non so per chi votare», rispondete loro: «Federico Pizzarotti, Effetto Parma». Votateli e fateli votare. Grazie. Arrivederci.

[Uscito ieri su La verità]

Osservatori disperati

domenica 4 Dicembre 2016

[Luca Cominassi, un po’ di tempo fa, mi ha fatto un’intervista sulla politica a Parma che doveva uscire poi in un libro del quale ho poi perso le tracce; l’intervista l’ho ritrovata stamattina la metto qui, intanto]

1) Se consideriamo ciò che è avvenuto a Parma dallo scandalo Parmalat ai giorni nostri, Lei ritiene che la politica locale sia stata influenzata dai partiti o da altri fattori/attori? In altre parole Lei dove collocherebbe il “motore” della politica locale in questi ultimi due decenni e passa?

L’altro giorno sono andato dal dentista, o, meglio, dall’ortodontista, se si dice così, a accompagnare mia figlia che doveva mettersi l’apparecchio, il primo apparecchio della sua vita. L’ho aspettata fuori, e intanto che aspettavo arrivavano dei clienti che si mettevano anche loro lì ad aspettare il loro turno per andar dal dentista, o dall’ortodontista, e alcuni di questi clienti, due, intanto che aspettavano si son messi a leggere delle riviste, quelle riviste che trovi dal dentista, o dall’ortodontista e io, che appena mia figlia era entrata avevo aperto il romanzo che stavo leggendo (La battaglia navale, di Marco Malvaldi), ho pensato che io ormai son degli anni, che non leggo più le riviste che trovo dal dentista (dall’ortodontista non ci son mai andato, non si usava, quando ero piccolo io). Io, magari poi non mi piacciono, le cose che leggo, ma le decido io, e se preferisco decidere io vuol dire che poi in fondo un po’, alla fine, mi piacciono, questi libri che mi porto, sempre, dentro la borsa, che in tutti i posti dove mi capita di trovarmi io ho sempre una borsa, ma non perché mi piaccion le borse, perché ho bisogno di un libro e di un quaderno e di una penna, per lo meno. E mi sono accorto che questa cosa, però, era una contraddizione rispetto a una cosa che avevo sempre pensato; che io, quando mi chiedono di aderire a quelle campagne di promozione della letteratura, io ho sempre risposto che promuovere la letteratura, per me, è insensato, perché secondo me ha una forza, la letteratura, che sarebbe come se uno volesse promuovere la legge di gravità, che a me mi verrebbe da chiedergli, a uno così, «Ma chi sei, tu, per promuovere la legge di gravità?». Solo che lì, dal dentista, mi sono accorto che questo fatto di scegliere tu quello che leggi è un po’ come diceva David Foster Wallace in un discorso bellissimo che si intitola Questa è l’acqua, dove, rivolto agli studenti del Kenyon college di Gambier, in Ohio, diceva che una cosa difficile, da grandi, è scegliere quello che pensi, perché «imparare a pensare, diceva Foster Wallace, vuol dire in effetti imparare a esercitare un qualche controllo su come e cosa pensi. Significa anche essere abbastanza consapevoli e coscienti per scegliere a cosa prestare attenzione e come dare un senso all’esperienza. Perché, se non potrete esercitare questo tipo di scelta nella vostra vita adulta, allora sarete veramente nei guai. Pensate al vecchio luogo comune della “mente come ottimo servitore, ma pessimo padrone”. Questo, come molti luoghi comuni, – diceva Foster Wallace, – così inadeguati e poco entusiasmanti in superficie, in realtà esprime una grande e terribile verità. Non a caso gli adulti che si suicidano con armi da fuoco quasi sempre si sparano alla testa. Sparano al loro pessimo padrone. E la verità è che molte di queste persone sono in effetti già morte molto prima di aver premuto il grilletto», diceva Foster Wallace (la traduzione è di Roberto Natalini). Ecco, questa, ho pensato l’altro giorno dal dentista e dall’ortodontista, mi sembra sia una buona ragione per una campagna a favore della diffusione della letteratura. E poi ho pensato che anche scrivere, è un po’ come leggere, che le possibilità sono due: o scrivi una cosa già scritta, o scrivi una cosa ancora da scrivere. Puoi decidere. Che è bello, ho pensato.
Ecco, non voglio esagerare con i paragoni, ma io ho l’impressione che votare, mettere una croce su un foglio, significhi delegare a quelli che si propongono come governanti le decisioni sulle cose che bisogna fare, ho l’impressione che scegliere tra le liste che troveremo sia come scegliere tra le riviste del dentista, è un’idea di politica che a me non piace tanto, perché la politica, per me, non è una cosa che fanno i partiti, è una cosa che facciamo tutti. Intanto che scrivevo un libro che si chiama Mo mama, e che parla proprio di quel che è successo a Parma in questi ultimi anni, avevo sentito dire che chi non va a votare toglie un diritto anche agli altri e avevo replicato così: «Ho sentito dire che chi non va a votare priva del diritto di andarci anche tutti gli altri e io, scusatemi, sono vent’anni che sto a casa, quindi sono vent’anni che privo la gente dei loro diritti, e io pensavo, e, vi confesso, penso ancora, che fosse e che sia un mio diritto, stare a casa, e devo dire, scusatemi, che da quando, vent’anni fa, ho smesso di credere che qualcuno che andrà in parlamento farà il mio bene, da quando ho cominciato a pensare che il mio bene era bene non delegarlo a nessuno ma farlo da solo, e che la politica non è una cosa che si fa quando si va a votare, ma che la politica si fa tutti i giorni, e che è politica il modo in cui si parla, il modo in cui ci si muove, che è politica il grado di gentilezza con cui si parla coi propri figli, e coi propri genitori, ecco io sto molto meglio, da quando ho scoperto queste cose». Mi ricordo quel che aveva detto Nenni quando il partito socialista era andato per la prima volta al governo e gli avevano chiesto com’era la stanza dei bottoni, e lui aveva risposto che si era accorto che nella stanza dei bottoni non c’erano i bottoni. Ecco io, recentemente, una cosa che ho fatto, cinque anni fa, ho smesso di fumare, e ho smesso poco dopo che sono state emanate, come si dice, le leggi antifumo, ma se mi chiedo perché ho smesso, mi vien da pensare che non ho smesso per le leggi antifumo, né perché hanno aumentato il prezzo delle sigarette, ho smesso perché me l’ha chiesto mia figlia, e me l’ha chiesto in un modo che ho capito che, questa cosa che fumavo, la faceva star male, e la cosa che mi vien da pensare è che quelli che mi governano, quelli che schiacciano i miei bottoni, ha molti più bottoni mia figlia, del parlamento, o della corte costituzionale, è molto più importante, per guidare il mio comportamento, per indicarmi una strada, la testa di mia figlia, che la testa di Matteo Renzi, e di Sergio Mattarella, e di Federico Pizzarotti, con tutto il rispetto per Matteo Renzi e anche per gli altri, e allora la cosa che mi viene da chiedervi, in una situazione del genere, non credete che la nostra capacità di cambiare le cose sia indipendente dalle cosiddette istituzioni? Io ho l’impressione di sì. Continua a leggere »

Offese

sabato 8 Ottobre 2016

Ci sono delle espressioni, anche offensive, che mi piacciono così tanto che, se me lo dicessero a me, sarei contento, per esempio: «Cosa sei, un pito?», che dev’essere la traduzione di «Co sìt, un pìt?», dove pito dovrebbe significare tacchino, se non mi sbaglio.