giovedì 26 Febbraio 2015
Allora Gerasim, l’onorevole, mi risponde Paterlini pescando la calce dal secchio e lanciandola nel punto preciso dove appoggia il mattone con bel gesto dinamico, cos’è un onorevole. Un onorevole è un elemento importante nel mondo attuale. Un onorevole è fatto di una forma che potrebbe assomigliare a una binda da sollevamento e traino, con cima girevole e due fanali sopra un costolone verticale collegato a delle piastre a scorrimento che, a occhio nudo, potrebbero essere di fabbrica svizzera e che girano intorno a un corpo centrale, il corpo dell’onorevole. Il problema dell’onorevole però – avanti Paterlini mentre appoggia sul muro la livella e chiude un occhio per stimarla – è la trasmissione, che è molto rumorosa e monotona, come si può capire dal nome stesso se proviamo a ripeterlo un toto numero di volte, onorevole onorevole onorevole, e ogni tanto si incanta e di conseguenza bisogna registrarlo.
[Paolo Colagrande, Senti le rane, Roma, Nottetempo 2015, p. 13]
sabato 9 Marzo 2013
Alla scuola elementare di scrittura emiliana all’estero (Milano) abbiamo letto, dal primo numero dell’Accalapppiacani, Non possiamo non dirci cani (Clic)
[L’accalappiacani. Settemestrale di letteratura comparata al nulla, numero 1, Roma, Deriveapprodi 2008, pp. 116-119]
martedì 7 Settembre 2010
E anche se il legame tra la bicicletta e il ciclista non è costituzionalmente affettivo ma fisico-geometrico – naturalmente non si discute, anzi si accetta volentieri l’idea che uno possa essere molto affezionato alla propria bicicletta per vocazioni feticiste abbastanza comuni al genere umano a compensazione di tutta una serie di attese frustrate, traumi irrisolti e difetti della libido che si accumulano nell’inconscio, come dice la psicanalisi tradizionale – quella bici in quanto Prima bici me la ricordo come se ce l’avessi adesso qui davanti, e con un certo abbandono nostalgico Le altre non saprei. Non so neanche quante ne ho avute, da grande, la maggior parte usate o comunque molto economiche, ma tante. Del resto io ci son sempre in cima, alla bici: non mi piace guidar la macchina e a star sui pullman mi annoio. La userei anche in casa, la bicicletta, se avessi una casa grande da girarci dentro.
[Paolo Colagrande, La bicicletta di Kruscëv, in La mia prima bicicletta, Portogruaro 2010, p. 28]
venerdì 25 Giugno 2010
Tempo fa, a una riunione dell’Accalappiacani, era saltata fuori la teoria che, a leggere le prime e le ultime parole di un libro e unirle in una frase unica, quella frase lì ti diceva se il libro valeva la pena di leggerlo oppure no. Allora un mio amico ha provato coi Malcontenti e quello che è saltato fuori è stato: Questa è una storia che eran tutte balle.
martedì 11 Novembre 2008
Qualche anno fa, la rivista Maltese narrazioni aveva una rubrica che credo si chiamasse Out takes, dove si pubblicavano dei pezzi di romanzi che alla fine non erano entrati nei romanzi. Succede spesso che quando finisci un romanzo hai tre o quattro pezzi che magari sono anche belli, e che però, alla fine, per una serie di motivi che possono essere diversissimi tra loro a seconda dei casi, vengono tolti. La traduzione italiana potrebbe essere Scarti, se non fosse che Scarti ha una connotazione negativa, invece delle volte le cose che togli magari son belle, come questo pezzo di Paolo Colagrande che in origine era una parte di Kammerspiel:
E mio padre? Fio se ci penso mi sputerei addosso, ho venduto la sua casa con dentro la sua tomba, compresa nel rogito: l’abbiam lasciata là nel giardino, la tomba, neanche per cagate le meste spoglie paterne. E prima di vendere, io e mia mamma a riflettere su cosa fare delle meste spoglie paterne; Sandro, mi dice Giulia Beccaria, siamo pratici, è più il regò di trovar un operaio che ti fa l’estumulazione al giorno d’oggi, che lasciarlo lì dov’è, il sepolcro, senza contare che al catasto l’immobile è registrato insieme col sepolcro e le meste spoglie, bisognerebbe star lì chiamare un geometra fare il frazionamento, sai i maroni; e poi chi paga?, che gira e rigira è sempre lì che casca l’asino, casomai gli diciamo ai compratori di metterci due o tre fiori. E poi mi giustificavo che avevo avuto un’infanzia difficile, il Conte Pietro Manzoni non era mica mio padre vero, io ero un cosiddetto fuorivìa di mia mamma, e mia mamma stessa poi mi aveva trascurato, inutile girarci intorno, che detto confidenzialmente a livello di prender dei sifoli non scherzava mica neanche lei, mia mamma Giulia, tra Giovanni Verri e Carlo Imbonati e poi e poi; che io Carlo Imbonati anche se giuro che non l’ho mai visto in faccia, tra parentesi mi stava sulle balle Carlo Imbonati, tranne quando è morto che allora lì cambia il disco, ci ha lasciato tanta di quella pila a me e a mia mamma, che allora io ho scritto in morte di Carlo Imbonati, dove Carlo mi appare in sogno e mi dice di conservar la mano pura e la mente, né proferir mai verbo che plauda il vizio o la virtù derida. Ciusca, sarò ben un bastardo.
Ecco. Resta da dire che uno dei paragrafi di Kammerspiel si intitola Manzoni: un pezzo di merda. E poi dentro al paragrafo di Manzoni non si parla affatto. Han tolto il pezzo su Manzoni, ma si son scordati cambiare il titolo. Che è una cosa che Paolo Colagrande, quando gliel’ho detta, lui mi ha detto che è vero, si eran scordati, però secondo lui forse alla fine così è anche più bello.
lunedì 3 Novembre 2008
Sabato siamo andati con Paolo Colagrande a vedere Piacenza Parma, e, seguendo i consigli di un esperto, siamo arrivati con un’ora di anticipo. Io non sapevo come avrei fatto a trovare Colagrande, nel piazzale dello stadio, in mezzo a tutta quella gente, poi quando siamo sbucati lì nel piazzale, c’era solo Paolo con suo figlio. Ci siam salutati da lontano, con le mani.
Siamo entrati che lo stadio era vuoto, e era bellissimo. Uno stadio vuoto ti mette addosso una tristezza ma bella, come un senso di possibilità che poi dopo, quando comincia la partita, diventa un senso di spreco che è un po’ meno bello.
Durante la partita c’erano soprattutto i cori, che erano strani, con un capo ultrà del Piacenza che invece era bello perché aveva un collare ortopedico.
A me e a Paolo a un certo momento era venuto da fare un coro Almeno un pareggio, vogliamo almeno un pareggio, almeno un pareggio.
giovedì 30 Ottobre 2008
Sabato primo novembre
a Piacenza,
allo stadio Garilli,
dalle ore 15 alle ore 16 e 45 circa
Paolo Colagrande e Paolo Nori
parlano del più e del meno
in occasione della partita
Piacenza – Parma
valida per la dodicesima giornata
del campionato di serie B
martedì 28 Ottobre 2008
Quest’estate, una volta, ero in treno, mi ha chiamato una giornalista mi ha chiesto se poteva farmi un’intervista sul libro di un mio amico che era appena uscito.
Io le avevo risposto che volentieri, solo che quel libro non l’avevo ancora letto. Lei mi aveva detto che avremmo potuto fare un’intervista non sul libro, ma sul mio amico come persona, non sul mio amico scrittore, sul mio amico uomo.
Io le avevo detto che avrei dovuto pensarci e che comunque in quel momento ero in treno e presto sarebbe probabilmente caduta la linea di richiamarmi magari il giorno dopo, se non le dispiaceva.
Poi mi ero messo a pensare cosa avrei potuto dire di quel mio amico, e mi era venuto in mente che, con lui, mi era successo un paio di volte che ci eravamo chiesti, seduti al tavolo di un ristorante di Piacenza, o pencolando tra il dentro e il fuori di un interregionale nella stazione di Parma (uno sul marciapiede, che non pencolava, e uno sul treno, che pencolava attaccato alle sbarre che servono da corrimano delle scalette che portan sui treni), mi era successo un paio di volte che ci eravamo chiesti come mai non ci eravamo ancora ammazzati.
E era una domanda, non so come dire, normale, senza nessuna enfasi, normale, anzi. Aveva dentro una specie di sorpresa.
E dopo niente.
martedì 21 Ottobre 2008
È uscito un libro di interviste a Luigi Malerba (Parole al vento, a cura di Giovanna Bonardi, San Cesario di Lecce, Manni, 2008, pp. 291, € 18,00).
A uno che una volta gli ha chiesto Perché scrive?, Malerba ha risposto Per capire quello che penso.
(ne parlavamo sabato a Reggio Emilia con Paolo Colagrande, e stasera salta fuori il libro)
lunedì 29 Settembre 2008
Martedì 7 ottobre,
a Piacenza,
al caffè letterario Baciccia,
in via Padre Dionigi Carli 7,
alle 21 e 15,
letture dal numero 2
dell’Accalappiacani
(con Paolo Colagrande,
Ugo Cornia,
Paolo Nori,
Stefano Campagnolo,
Mauro Orletti
e Giovanni Previdi)