Di lavoro in questo campo
Di lavoro, in questo campo, sant’Antonio ne trovò parecchio. A Padova quasi resuscitò una donna colpita mortalmente da un marito, soldato e geloso, che tosto se ne pentì. A Ferrara liberò un nobiluomo che era ossessionato dall’idea di non essere il vero padre del proprio figlio neonato e che, per questo motivo, minacciava quotidianamente moglie e prole. Antonio concesse astutamente e miracolosamente la parola al bambino che, con espressione seria e solenne, indicò il nobiluomo e disse: «Quegli è mio padre». A Torino salvò ripetutamente una donna dai tentativi di omicidio da pearte del consorte ‘furiosamente geloso’. A Viterbo rese il petto di una moglie duro come il bronzo: su di esso si piegò la lama del marito assassino che, illuminato dal miracolo, la depose sull’altare della chiesa vicina. Ancora più drammatico fu il suo intervento a Serpa, in Portogallo, dove una donna si era ormai messa il cappio al collo, decisa a farla finita per le continue brutalità del marito. Sant’Antonio a quel tempo era giù defunto, ma tanto si dispiacque che si materializzò insieme a san Francesco e ricondusse il marito alla ragione, minacciandolo che – in caso contrario – sarebbe morto entro tre giorni e sarebbe stato trascinato dai demoni nelle profondità degli inferi.
[Marco Cavina, Nozze di sangue. Storie della violenza coniugale, Laterza, Roma-Bari 2011, p. VIII]